TINTO BRASS


Vietato ai minori di 18 anni. Senso ‘45, il nuovo film di Tinto Brass, subisce, come al solito, la censura. “Ma questo è molto di più di un film erotico, è un melodramma in cui la deriva di una vicenda privata rimbalza sulla deriva storica in atto, cioè l’ultimo periodo del fascismo”, replica il regista.
Senso ‘45 contiene una lunga serie di citazioni: prima fra tutte, Roma città aperta di Roberto Rossellini, cineasta del quale lo stesso Tinto Brass fu assistente. Una sequenza che farà discutere, soprattutto per lo zoom di chiusura sul cadavere della donna. Il film intanto sarà visionato dai selezionatori della “Quinzaine des realisateurs”: i francesi avevano già dimostrato di apprezzare il regista veneziano. A gennaio infatti gli avevano reso omaggio con una retrospettiva alla Cinematèque parigina. Senso ’45 uscirà venerdì prossimo, distribuito dalla Eagle Pictures.

Che valore ha, secondo lei, questo divieto?
In primo luogo culturale. L’erotismo ha valenze culturali da noi negate. Ma all’estero i miei film piacciono: il Festival di Mosca, Palm Springs, la Cinematèque di Parigi mi invitano e mi dedicano retrospettive. Qui in Italia, nessun festival mi ha mai chiamato né omaggiato.

Il suo omaggio a “Roma città aperta” invece è un po’ particolare…
Rossellini stesso mi ha insegnato a fare quello che voglio come regista. Forse Roberto ha dimenticato di mettere quella scena, io l’ho aggiunta. Tra l’altro il mio modo di girare si rifà molto a quello di Roberto. Uso lo zoom come lo usava lui. Un movimento mobile, come un pedinamento.

E il montaggio, che affianca amplessi a primi piani di tacchini sviscerati e arrostiti?
Si chiama montaggio delle attrazioni, alla Ejzenstein. Introduco un elemento di rottura che faccia riflettere lo spettatore. Mi piace sorprendere, il che spiega il contrasto tra il tono letterario della voce fuori campo di Livia (Anna Galiena) e i contenuti del racconto, tutt’altro che altisonanti. Ho volutamente cercato un linguaggio da “Grand Hotel”, da romanzo d’appendice.

Il racconto di Boito, come il film di Visconti, si svolgeva a Verona durante il Risorgimento. “Senso ‘45″ invece è ambientato a Venezia qualche mese prima della caduta del fascismo.
Sì, ma il senso della vicenda è pienamente rispettato. Sia nel libro che nel mio film si racconta la decadenza dei personaggi sullo sfondo della deriva storica e politica. Il cinico trasformismo attuato dalle classi dirigenti per non pagare il fio di quello che hanno fatto. La dittatura fascista sta per finire e la borghesia veneziana è pronta a cambiare bandiera politica pur di non subire conseguenze. In questa atmosfera, i personaggi si buttano allo sbaraglio e giocano una sorta di finale di partita. Livia, una borghese perbene e annoiata, getta anima e corpo in una sfrenata passione per Helmut. E lui, nazista disilluso bello come un dio pagano, si perde in debiti di gioco e festini orgiastici grotteschi.

Nel film vi sono anche riferimenti storici agli stabilimenti di cinema veneziani dell’epoca fascista.
Venezia durante la guerra era un’area protetta. La città non veniva bombardata. Alla Giudecca c’erano gli studi della ‘Scalera’, una società di produzione e poi vi erano altri stabilimenti cinematografici nei giardini della Biennale. Ma di riferimenti storici è pieno il film. Cito Goebbels e Lida Baarova, attrice ceca e sua amante. Il ministro della propaganda nazista per lei voleva chiedere il divorzio a Magda Quandt, sua moglie, e invece fu costretto da Hitler a liberarsi dell’attrice.

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08 Aprile 2002

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