‘Ti mangio il cuore’: Elodie debutta nella magnificenza del bianco e nero

Il film di Pippo Mezzapesa fa esordire la cantante come attrice. Spiccano le interpretazioni di Lidia Vitale e Tommaso Ragno, in scena con Michele Placido.


VENEZIA – La bellezza del bianco e nero – scelto come colore del film – detona al suo massimo splendore con la magistrale fotografia di Michele D’AttanasioTi mangio il cuore possiede una potenza della visione estetica non usuale, anche nella scelta di alcune inquadrature particolarmente suggestive, come quella in cui una mandria di vacche circola libera e compattamente disordinata per il paese, campagna garganica. 

“È il libro che mi ha trovato: Carlo Bonini e Giuliano Foschini – gli autori – me l’anno proposto in bozza e ho trovato puntuale l’attenzione alla Quarta Mafia foggiana, che mi permesso di raccontare attraverso un amore bruciante qualcosa di crudo. Leggendo tra le varie storie del romanzo, ho individuato quella della prima pentita di mafia del Gargano”, spiega Pippo Mezzapesa, il regista. 

Ci sono i Malatesta e i Camporeale, ma senza il “romanticismo” dei Montecchi e dei Capuleti, nonostante una storia d’amore sussista anche nel film Mezzapesa, in Selezione nella sezione Orizzonti. È il 1960 quando i Malatesta sterminano i Camporeale, i maiali pascolano tra i cadaveri e, unico superstite un poco più che bambino, Michele, che da quella mattanza, oltre che l’orrore, la rabbia, e il senso di vendetta, porta con sé un anello scolpito a testa leonina, che sfila dalle dite di una delle vittime. È lui ora il “re”.  

Passano 44 anni e Michele – un gigantesco Tommaso Ragno nel ruolo – s’è fatto una famiglia, lì, in quell’aia macchiata dal sangue dei suoi: indossa l’anello e accenna un ballo informale con la moglie, Teresa (Lidia Vitale), un’altrettanto talentuosa interprete, il cui ruolo cresce man mano, fino a diventare, se così si può dire, “la regina”.

La faida non è mai finita, adesso la questione è chi offra di più per portare in gloria il baldacchino della Madonna nella processione locale, ed è qui che fa il suo ingresso in scena Elodie, la cantante al suo debutto come attrice: Maddalena Camporeale, moglie del latitante Salvo, offre una cifra insuperabile e così la famiglia s’accaparra la Madonna. È una donna affascinante a vedersi, filiforme e formosa, abbigliata in succinti tubini o trasparenti indumenti intimi, ha sguardo e tratti decisi, ma nel film pochissime sono le battute affidate alla stessa, più spesso silenziosa, cosa che lascia sospeso un parere sull’efficacia attoriale. Maddalena è “un personaggio forte, variegato, contrastato, capace di scelte radicali ma anche di fragilità e istintivamente ho pensato a Elodie. E lei, pazza istintiva e coraggiosa, si è tuffata in questa esperienza. Elodie è ‘solo’ una meravigliosa interprete che impreziosisce un cast/film ricco: ho voluto raccontare avvalendomi di grandi attori, capaci di mimetizzarsi con la realtà, personaggi anche archetipici. Elodie è una pietra preziosa. Credo che i film debbano dialogare col pubblico e riportarlo in sala e credo che persone con la sua potenza espressiva possano aiutare”, specifica Mezzapesa.  

Lei, Maddalena, è la donna del boss, ma Andrea (Francesco Patanè), figlio mite di Michele, perde la testa per questa femmina e osa, incontrando un reciproco interesse, seppur lei, consapevole della sua posizione e del pericolo vibrante, gli dice: “tu non mi dovresti nemmeno guardare”, per poi baciarlo, e appassionatamente fare l’amore con lui, nella marziana cornice delle saline, uno specchio di acqua in cui si riflettono le montagne candide tutt’intorno. Michele si rende conto della rischiosa liaison, cerca addirittura di dissuadere il figlio offrendogli una bella prostituta e minacciandolo: qualora rivedesse Maddalena, lo ucciderà. 

“Mi ricordo quei giorni davvero in bianco e nero. Col mio personaggio, faccio parte della schiera di fantasmi tragici, senza mediazione intellettuale. Pippo seduce con il mezzo cinematografico e io non ho costruito un personaggio come un mobile, ma mi sono affidato a lui. Potevo pensare per esempio a Priamo, cosa che non ho fatto: mi sembrava di essere dentro un western”, commenta Ragno. La cui moglie, sulla scena, è appunto Lidia Vitale, che parla di “un film dedicato, per me, a Libero De Rienzo, morto il giorno che mi hanno presa. Ho incontrato una collega, Elodie, che ha avuto il coraggio di sfidarsi insieme a me, una cosa molto rara. Il mio personaggio è Crudelia Demon, ma ci voleva coraggio entrare in quella cattiveria: che ferita c’è là sotto, che tocca questa donna per farla diventare così? E il femminile si deve porre queste domande prima di andare ad affrontare i pattern maschili. Per assurdo le due donne si somigliano tantissimo: tutte e due ripropongono dei modelli, finché Maddalena riesce a dire basta. Per me il personaggio era la liberazione di certi modelli del Sud”. 

Sono due donne, aggiunge Messapesa, “che amano di un amore differente ma forte: una rimane vittima di un contesto a cui non riesce a opporsi, prigioniera di un amore malato; e poi Maddalena, che potrebbe essere salvifica per Andrea, che non riesce a spezzare fino in fondo l’ineluttabilità del male: questa è una Elena di Troia capace di sovvertire gli eventi”. 

Elodie “era da tempo che pensava sarebbe stato bello fare un’esperienza da attrice, ma attendevo una magia. Quando ho letto il copione, ho pensato Marilena fosse sfaccettata, completa, vera, mi sono innamorata del personaggio; ho pensato fosse pretenzioso da parte mia ma un modo per confrontarmi con qualcosa di più profondo del fare intrattenimento, e Lidia Vitale s’è messa a completa disposizione. Sarei orgogliosa della scelta di una donna così – quella che ho interpretato -, che non decide di stare a certi schermi”. 

Nella vicenda fa la comparsa in scena Don Vincenzo (Michele Placido), uomo che cerca di mediare i contrasti tra i Malatesta e i Camporeale, e che infine porta pubblico onore all’amico nel frattempo spento per sempre, Michele. Così s’innesca di nuovo la guerra, quella che Michele sosteneva che né i figli suoi, né quelli dell’altra famiglia, sapessero cosa fosse davvero, domandando all’erede: “volete continuare a dormire o volete morire?”, precisando che quel surrogato di pace esistente fosse il frutto di questa sua consapevolezza portata avanti in quarant’anni di faida. “Pippo sa come buttare l’amo. Buona parte del film è stato al mio paese natale, Ascoli Satriano. Poi – prima delle riprese – s’è incontrato poi con Brenno, mio figlio (anche nel film). Cioè, Pippo ha tessuto una tela. E Michele che fa? Mi chiama, ma non sapevo che ruolo avrei fatto. Mi sono affidato, capendo l’importanza del film, su un territorio sfortunato dell’Italia”, commenta Placido. 

“Ho cercato una visione oleografica della realtà del territorio: si devono raccontare però anche ombre e ferite, per aiutare a rimarginarle. Credo il territorio mi abbia restituito asprezza, crudezza ma anche solarità: che le ombre diventino finalmente delle luci”, dice ancora il regista. 

Comunque, la famiglia Camporeale reputa Salvo oltraggiato e vuole vendetta, ma nel frattempo la questione si complica, il personaggio di Elodie – già mamma di due bambini avuti dal latitante – resta incinta, di Andrea Malatesta. È qui che Teresa – vedova e a questo punto ormai imparentata con l’esponente della storica famiglia rivale – assume il potere e, seppur mantenendo nella forma e nella quotidianità la sua classica maternità meridionale, indirizzi il figlio Andrea a “dimostrare di essere uomo”, uccidendo secondo la prassi dello sparo al viso, metafora dello sfregio e dell’annullamento dell’identità, quindi del potere. “Quando nasce Michele Malatesta (il bambino che aspetta Maddalena), i Camporeale devono essere tutti morti”, intima la madre.

Le donne della vita di Andrea, si rende palese, sono due: sì Maddalena, ma non meno Teresa, con cui – in una significativa sequenza alla festa di liberazione dal carcere di uno zio – lui balla, mentre suona Tu si’ ‘na cosa grande pe’ me. “Tu sei l’albero del veleno”, prende il coraggio di dirle Maddalena. Il bambino nasce, Maddalena è straziata dalle vicende e non riesce a incontrare i suoi bambini, Andrea ha compiuto un arco di trasformazione che rincorre la violenza, e nel frattempo si rinnova la processione paesana dedicata alla Madonna, quest’anno portata a spalla da Don Vincenzo e famiglia: il leone anulare non lo può più indossare Michele Malatesta, nemmeno Andrea mai lo calzerà, e così un altro “leone” s’è insinuato in quello spaccato di Gargano

Ti mangio il cuore, storia appunto ispirata alla prima donna pentita del Gargano, e dalla cui scelta s’è determinata – nella realtà – la fine della faida e una sana fratellanza tra fratelli che, per sangue differente, avrebbero avuto il destino di uccidersi a vicenda.  

Il film esce in sala dal 22 settembre con 01 Distribution e dal 2023 sulla piattaforma Paramount+.

L’approfondimento video: guarda qui. 

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04 Settembre 2022

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