E’ con la storia del ricongiungimento di una famiglia che Thomas Vinterberg approda al Festival di Roma nella sezione L’Altro Cinema e torna a girare e ambientare una pellicola in Danimarca a 10 anni di distanza dal successo clamoroso di Festen. Si intitola Riunione di famiglia, uscirà in Italia con Teodora Film tra fine marzo e inizio aprile 2009 e ruota attorno all’evento dell’anno per una piccola cittadina danese: la celebrazione del 750° anniversario dalla sua fondazione, che sarà festeggiata con il ritorno del famoso cantante d’opera Karl Kristian Schmidt (Thomas Bo Larsen), un uomo narciso, vizioso e prepotente, nato e cresciuto lì. In un’atmosfera sapientemente sospesa tra dramma e commedia – e con una struttura linguistica e registica classica, lontana dal Dogma – si viene a scoprire che Sebastian (Oliver Møller Knauer), apprendista cuoco balbuziente ingaggiato per i festeggiamenti, è il figlio di Schmidt (la mamma gli aveva sempre fatto credere che si fosse suicidato quando lui era piccolo). E non solo: il ragazzo, felicemente fidanzato, ritrova un’amica d’infanzia di cui si scopre perdutamente innamorato e deve scegliere tra la strada già tracciata e la passione e il sentimento che sono rinati in lui.
Anche qui, come in Festen, si racconta un ricongiungimento familiare fatto di tensioni e minato da segreti. Cosa lega i due film?
Questa è l’unica cosa che li accomuna. Festen è un film fatto di confronto, aggressività, di rivolta che è uscito da un movimento arrogante, ed è questo il motivo per cui ha scioccato e anche quello per cui ha avuto successo. Riunione di famiglia è invece più morbido, pacato. L’ho voluto più caldo, in modo che non fosse un cazzotto in faccia come Festen ma che rappresentasse rapporti fragili tra persone fragili. Uno dei motivi per cui sono contento di essere a Roma sta nel fatto che l’ispirazione principale per Riunione di famiglia venga dal cinema italiano, e dal suo calore.
Si dice che volesse girare questo film in Italia, visto che parla anche dell’Opera.
E’ vero, l’ho proposto al produttore ma mi ha risposto che era impossibile, perché qui da voi non ci sono soldi e Berlusconi ha fatto tabula rasa dell’industria cinematografica. Mi dice che non riuscite nemmeno a fare i vostri film, figuriamoci uno danese.
Lei ha molto a cuore il tema della famiglia. Perché? C’è qualcosa di autobiografico in quest’opera, come in Festen?
No, in realtà io vengo da una famiglia unita e affettuosa, non ho subìto abusi da mio padre quando ero piccolo come in Festen, né mio padre è andato a letto con la mia fidanzata come in Riunione di famiglia. Ma sono cresciuto in una comune circondato da un’atmosfera chiassosa e vivace, da tanti hippy e intellettuali, e mi è capitato di assistere spesso a cene molto turbolente.
Questo film è costruito sugli opposti: la purezza e il vizio, l’amore innocente e il sesso fine a se stesso, la giovinezza e il declino.
Quando si prova a creare un dramma la prima cosa da fare è plasmare un mondo di contrasti. Qui c’è da una parte un cantante d’opera, dall’altra il figlio che è balbuziente, ed è importante notare come siano così diversi anche perché vivono in due stati diversi della loro esistenza: la giovinezza e la vecchiaia. Io da piccolo ero molto timido, non credevo in me, non balbettavo a parole ma balbettavo nella mente, e in questo ero simile a Sebastian. Da quando sono diventato ricco e famoso sono diventato più corrotto, tant’è vero che sono fidanzato con una ragazza molto giovane…
Il titolo inglese è “When a Man Comes Home”, letteralmente “Quando un uomo torna a casa”. C’è un riferimento al fatto che è tornato dopo tanti anni a girare in patria?
Mi rendo conto che questo titolo è quasi una ‘trappola per giornalisti’, un invito a fare questa domanda, ma in realtà non ha niente a che fare con la mia storia professionale. Si riferisce invece alla storia del film, a qualcosa che spero sia molto più ricco. Detto questo mi è sempre piaciuto esplorare le cose e buttarmi in situazioni su cui non ho alcun controllo, l’ho fatto all’epoca di Dogma e anche con It’s All about Love. A un certo punto mi sono perso ma è stata una scelta deliberata: è come buttarsi in piscina senza sapere se è vuota o c’è l’acqua: si rischia di sbattere la testa. Ora, dopo tante esplorazioni, voglio tornare al punto di partenza e continuare a fare film danesi.
Conosce il cinema italiano attuale? E cosa pensa di quello meno recente?
Purtroppo non conosco il vostro cinema di oggi, ma amo quello del passato. Sono cresciuto con Federico Fellini e il cinema francese: sono state le mie stelle comete.
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