The Social Network: facebook dall’élite alla democrazia


“Sono l’amministratore delegato, stronzo!”
Questa è la qualifica che Mark Zuckerberg, il geniale creatore della piattaforma di socializzazione facebook, fa scrivere sul suo biglietto da visita dopo aver raggiunto la fama e il successo. 

 

Almeno stando a The Social Network, il film che David Fincher ha tratto dal libro ‘Miliardari per caso’ di Ben Mezrich, e che racconta appunto la genesi del famosissimo portale destinato a diventare il fenomeno sociale più rivoluzionario dell’ultimo secolo.
Il film, interpretato da uno scoppiettante Jesse Eisenberg nei panni del protagonista, da Andrew Garfield – in attesa di indossare la tuta di Spider-Man – in quelli del suo socio Eduardo Saverin e dall’ex popostar Justin Timberlake nel ruolo del creatore di Napster, Sean Parker, viene presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma, poco prima dell’uscita in sala, prevista per il 12 novembre a opera di Sony Pictures.

Non senza qualche intoppo. Fischi hanno infatti accompagnato le prime immagini della proiezione mattutina, in una copia interamente doppiata in italiano, che ha messo in imbarazzo i molti esponenti della stampa estera presenti, molti dei quali hanno abbandonato la sala. Recuperata la gaffe, la macchina può procedere.

L’intestazione del biglietto da visita di Zuckerberg sintetizza in pochi tratti il carattere del personaggio: un ragazzo introverso, brillante studente, con molte difficoltà a socializzare e approcci problematici con l’altro sesso, che dà vita alla sua geniale invenzione perché “lui stesso ne ha bisogno per primo”, come afferma il suo interprete Eisenberg, giunto nella capitale ad accompagnare il film. Raggiunto il successo, diventa arrogante, rompendo i rapporti con il suo socio e migliore amico, ma resta sostanzialmente una persona fragile e sola.

“I giudizi su di lui si dividono un po’ – dichiara Eisenberg – Gli adulti tendano a pensare che abbia raggiunto troppo presto un livello di potere ingestibile. I giovani, tra cui ci sono anch’io, tendono invece a vederlo come un eroe. Non penso si possa considerarlo una cattiva persona, era semplicemente concentrato solo e soltanto su facebook, e questo lo portava a vivere l’amicizia in maniera diversa da come la vivono gli altri. Rompe i rapporti con Saverin perché, nella sua visione, Eduardo soffre di mancanza d’immaginazione, e vuole agire su facebook in maniera nociva. Dunque Mark ha tagliato i ponti, e i risultati gli hanno dato ragione. Voleva promuovere l’azienda e in un certo senso è una persona d’onore. Non è un buon amico o un cattivo amico, ma soprattutto un grande leader”.

Secondo il racconto dell’attore, il vero Zuckerberg ha comunque apprezzato: “Il giorno dell’uscita in America ha affittato un’intera sala, ha caricato i suoi dipendenti su un bus e li ha portati al cinema. E’ stato intelligente, perché loro lo avrebbero comunque visto nel week-end. Così almeno li ha un po’ controllati. Poi ha chiesto a mio cugino, che un suo dipendente, di mandarmi un SMS per dirmi che il film gli era piaciuto molto. Non l’ho mai incontrato purtroppo -continua Eisenberg – mi sono preparato lavorando sulla sceneggiatura e leggendo tutto quello che potevo su di lui, scaricandomi tutte le sue interviste sull’I-Pod in modo da poterle ascoltare. Ho saputo che ha scritto un saggio sulla scherma, che mi è servito per imitarne la postura. Ho sentito come parlava, e ho cercato di rendere l’idea di una persona che parla più velocemente di quanto funzioni il cervello. E’ in grado di portare avanti dieci conversazioni insieme. La sua ragazza per questo motivo non lo capisce e lo molla. Inoltre, non è in grado di valutare l’emotività: né la sua, né quella degli altri. Il suo amico deve spaccargli il computer davanti alla faccia per ricevere la sua attenzione. E’ il classico tipo che alle feste se ne resta in disparte e guarda gli altri interagire. Ma proprio perché li ha guardati tanto è in grado di capire più di tutti come vogliono interagire tra di loro”.

Il personaggio ideale per il metodo di lavoro di un regista come David Fincher, estremamente razionale, preciso, insistente: “Sapevo che David ama girare gli stessi ciak all’ossessione – racconta Eisenberg – La scena del dialogo iniziale l’abbiamo ripetuta in totale 99 volte. E’ stato stancante, ma anche gratificante, perché mi ha permesso, man mano che ripetevo, di capire meglio il personaggio e aggiungergli sfumature, lasciando poi al regista e ai montatori la scelta ultima. Come attore non ho aggiunto molto alla sceneggiatura di Aaron Sorkin, che era perfetta già così. Non avrei cambiato una parola e, d’altro canto, si tratta di un caso raro: non è mai cambiata in corso d’opera, 160 pagine erano e 160 sono rimaste, per due ore di film. Trattandosi di una tematica delicata come il diritto d’autore, lo script è stato seguito da uno stuolo di avvocati grande come la filarmonica italiana”.

La tematica legale nella pellicola è in effetti trattata in modo interessante: “se voi foste i creatori di facebook – dice Zuckerberg a chi lo accusa di aver rubato un’idea – avreste creato facebook”, lasciando intendere che non si può proteggere un’idea, ma solo la sua esecuzione. E ancora: “chiunque costruisca una sedia non deve soldi alla prima persona che ha avuto l’idea di costruire una sedia”.

Eisenberg è avvezzo a ruoli da nerd, ma in conferenza si dimostra sciolto, intelligente, simpatico e perfettamente in grado di dominare le platee. Quando gli si parla di nomination all’Oscar per il suo ruolo nel film risponde: “Oh sì, sono quelle voci che ha messo in giro mia madre!”.
Quando gli si chiede se si sia fatto dei nemici a Hollywood ammicca: “Ehi, sono ebreo! Non posso avere nemici là!”, strappando risate e più di un applauso.

Verrebbe spontaneo pensare che anche lui, così spigliato, abbia un cliccatissimo profilo facebook. Ma la risposta è no: “Quando feci il primo film, sette anni fa, digitai il mio nome su google e apparvero subito un sacco si cose orribili su di me, su come mi muovevo, su come parlavo…capirete bene che non sento l’esigenza di mettere ancora più in luce i miei difetti. Penso però che facebook possa davvero aiutare quelli che si sentono esclusi e ai margini della vita sociale. Era partito come un network elitario, destinato solo alle Università più prestigiose, ed è finito per diventare il mezzo d’espressione più democratico che ci possa essere”.

autore
01 Novembre 2010

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