The Green Hornet dalla radio al 3D


“Certo è un film di grandi dimensioni, che s’impone e fa sentire la sua voce. Ma io metto la stessa attenzione in tutti i miei progetti. In questo caso, dato che si trattava di un impegno di due, tre anni, ho dovuto forse lavorare più sodo e negoziare di più, ma la sostanza non cambia”. Lo dice Michel Gondry, alla sua prima prova da regista “action” – dopo i successi autoriali di Se mi lasci ti cancello, L’arte del sogno e Be kind Rewind – con The Green Hornet, colorata commedia supereroistica in 3D in uscita con Sony il 28 gennaio. Tra gli interpreti, la sempre piacevole e duttile Cameron Diaz, Christoph Waltz ancora una volta in un ruolo da villain e, nei panni dell’eroe, Seth Rogen, che qui svolge anche la funzione di co-sceneggiatore.

Il quartetto accompagna la presentazione alla stampa della pellicola, che in verità, stereoscopia a parte, fa poco uso di grafica computerizzata, preferendo invece gli stunt e gli effetti fotografici tradizionali che caratterizzavano i cine-comics degli anni ’90 precedenti l’avvento di Spider – Man, dai Batman di Tim Burton al Dick Tracy di Warren Beatty. “Il film è stato girato principalmente in 2D – racconta Gondry -mentre per la parte girata in 3D ho cercato un’integrazione nella narrazione ed evitato la preponderanza. Ma questo con il computer non c’entra. Ho preferito tecniche classiche perché gli effetti al computer sono credibili solo per un certo periodo di tempo, molto limitato. Poi all’improvviso diventano obsoleti”.
Il film ha alle spalle una lunga genesi: il personaggio di Green Hornet nasce addirittura nel 1930, come protagonista di uno show radiofonico, per poi approdare al mondo dei fumetti e infine in TV, grazie a un serial televisivo che nel 1960 ha portato al successo in USA una leggenda come Bruce Lee nel ruolo di Kato, la spalla dell’eroe. A sostituirlo qui, c’è un versatile Jay Chou, scelto da Gondry proprio perché “pur rispettando e conoscendo benissimo Lee, non cercava di imitarlo né di emularlo”.

“Devo dire che la versione radiofonica – racconta poi il regista – è stata quella che mi ha maggiormente ispirato. Sono un appassionato di radio proprio perché stimola la mia fantasia a sviluppare la parte visuale. Non mi è mancata la libertà per questo film, ma è stato un gran lavoro di gruppo. E’ questo che fa la differenza tra una grande produzione e un progetto indipendente. Siamo partiti, in realtà, da una totale tabula rasa, aggiungendo man mano tutti gli elementi che ci servivano, scegliendoli dal programma radio, dal serial TV o dalle strisce a fumetti. L’aspetto umoristico è stato fondamentale e ha contribuito a caratterizzare il mio rapporto con gli attori. Loro operano dentro un perimetro: il mondo fittizio che abbiamo costruito. Io ho il dovere di guardare quel mondo dall’esterno e contestualizzare le loro azioni, ricordandogli ciò che i loro personaggi hanno vissuto prima e ciò che vivranno in seguito”.

“Già dalle prime stesure abbiamo inserito la comicità  -approfondisce Seth Rogen – perché volevamo fare sì un film di supereroi, ma diverso da tutti gli altri, soprattutto giocando sul rapporto tra il protagonista e la sua spalla. Ci siamo ispirati a illustri esempi come True Lies e Arma Letale. Anche nella sua identità “civile”, quella di giornalista, Green Hornet è atipico: Peter Parker e Clark Kent sono estremamente coscienziosi. Lui non ci pensa due volte a sfruttare il giornale per farsi pubblicità”.

“E io sapevo che avendo a che fare con questi due – racconta divertira Cameron Diaz riferendosi a Rogen e Gondry – non poteva che venirne fuori qualcosa di totalmente originale. Ho accettato la parte in sole tre ore. Mi piace ridere e far ridere la gente. Mi piace quando mi fermano e mi dicono che hanno visto i miei film, e che magari sono piaciuti. E’ come avere tantissimi amici e non lo vivo certo come un peso. Mi sento molto fortunata”.

 

“Non giudico mai un mio personaggio – dichiara Christoph Waltz – perché il giudizio arriva alla fine di un processo mentre io, quando interpreto, devo pormi come se fossi all’inizio. Non so molto di fumetti, ma ho cercato di trasformare questa mia ignoranza in un vantaggio: non penso al personaggio come a un “cattivo”, ma me lo figuro come se si trovasse in una diversa realtà. Ho interpretato Chudnofsky come un uomo in crisi di mezza età, ossessionato dall’idea di uccidere il suo nemico e, soprattutto, di non essere sufficientemente cattivo e spaventoso. Io non mi occupo del contesto, ma del materiale. Cerco di ritrarre i miei personaggi nel dispiegarsi della loro vita quotidiana, a inserirli in un contesto comico, drammatico o moralistico ci pensa il regista”. Waltz, riconosciuto come uno dei migliori interpreti in circolazione dopo la sua straordinaria interpretazione del perfido nazista in Bastardi senza gloria, è ormai avvezzo a ruoli “da cattivo”: “Ma, ripeto – dice – io non giudico i miei personaggi. Cerco invece di diversificare le interpretazioni e se non ci riuscissi sì che sarei in una gabbia dorata. E se voi vedeste nei miei personaggi sempre la medesima cosa, allora voi sareste i guardiani di quella gabbia”.

autore
07 Dicembre 2010

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