VENEZIA – I panorami straordinariamente bucolici di una sperduta isola dell’Irlanda fanno da cornice ad uno dei film che più farà discutere tra quelli presenti nel Concorso della 79ma Mostra del Cinema di Venezia. Si tratta di The Banshees of Inisherin (Gli spiriti dell’isola), il nuovo film scritto e diretto da Martin McDonagh, che segna il ritorno insieme di Colin Farrell e Brendan Gleeson, coppia protagonista anche del suo primo film del 2008. “Dopo In Bruges, volevo fare qualcosa con loro, – spiega il regista britannico – soprattutto farla in Irlanda, nella parte occidentale, dove andavo da ragazzino a visitare i parenti. Li volevo insieme, è questo il germe dell’idea”.
Padraic (Farrell) e Colm (Gleeson), sono un’inseparabile coppia di amici, instancabili compagni di bevute nelle lunghe e solitarie notti nella piccola isola di Inisherin, durante la guerra civile irlandese degli anni ’20 del Novecento. O meglio lo erano, dato che il film inizia con Colm che improvvisamente non vuole avere più nulla a che fare con Padraic, che non accetterà di certo una decisione tanto inaspettata e dolorosa. McDonagh trasla la “guerra civile” di un popolo nel rapporto tra due persone con profonde differenze, che dopo anni di sostentamento reciproco, arrivano a un apparentemente insensato, quanto definitivo punto di rottura. Il musicista intellettuale Colm, rappresentato dal suo fedele ed elegante cagnolino, decide che non può più sopportare l’ingenuo Padraic, perfettamente sovrapponibile al suo amato asinello. Tra loro, fanno da spola altri due personaggi cruciali come la sorella di quest’ultimo Siobhan (Kerry Condon), perfetta via di mezzo tra i due amici, e da Dominic (Barry Keoghan), lo scemo del villaggio.
Una commedia nera, che diventa un thriller psicologico, per sfociare, infine, in una vera e propria tragedia, cosparsa di quel velo mitico a cui richiama il titolo. Come spiega lo stesso McDonagh “Le banshees sono spiritelli della mitologia irlandese, delle specie di streghe, nel film ne vediamo apparentemente una in pensione. Mi piaceva il fatto che fossero donne mitologiche che si lamentano della morte dei bambini e non solo. Delle lamentatrici che sono andate via e ora sono tornate a guardare che fa la gente. Era un’idea di sfondo del film”.
Ma The Banshees of Inisherin è anche il titolo della canzone attorno a cui ruota buona parte del film. Ovvero l’obiettivo finale di Colm, che rifiuta la noiosa compagna di Padraic per cercare la “pace nel cuore” e l’ispirazione per un’opera d’arte che superi i suoi limiti mortali. Lo specchio di una sorta di crisi di tarda età, sintomo di una depressione, che inevitabilmente accompagna le vite grigie e ripetitive di questi sperduti isolani.
La scrittura brillante di McDonagh, suo tratto distintivo, riempie di momenti esilaranti una storia dall’enorme potenziale drammatico, riuscendo a portare al limite estremo la forza drammaturgica della sua, pur semplice, trama. Gli attori in stato di grazia, le location da togliere il fiato e le musiche avvolgenti completano il quadro dell’ennesima prova di maturità di un autore che a cinque anni dagli Oscar di Tre manifesti a Ebbing, Missouri, si candida ancora una volta a essere protagonista della prossima stagione cinematografica.
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