The Aviator


The AviatorLa Hollywood degli anni ruggenti e l’avventura del volo pionieristico: tra arredi lussureggianti, colori saturati tipici del Technicolor e tecniche digitali per la ricostruzione delle evoluzioni aeree di un film come Hell’s Angels, che con i suoi 4 milioni di dollari del 1930 bruciò tutti i record di budget dell’epoca sfiorando la bancarotta. La collaborazione tra Martin Scorsese e Dante Ferretti prosegue con The Aviator, l’affascinante biografia che ha prenotato un posto di primo piano agli Oscar. Leonardo DiCaprio è Howard Hughes, pioniere dell’aviazione civile americana, eccentrico miliardario affetto da fobie e ossessioni, produttore della Mecca del cinema e inventore di dive, al centro di amori turbolenti con Katharine Hepburn, Ava Gardner, Jean Harlow. Finì i suoi giorni barricato in una stanza d’albergo, nudo, bevendo solo latte e usando kleenex per pulire tutto ciò che toccava, terrorizzato dai germi.

In Italia il film, interpretato anche da Cate Blanchett, Kate Beckinsale, Jude Law, uscirà il 28 gennaio con 01 Distribution. Scorsese, che sta già lavorando a un nuovo progetto con DiCaprio (The Departed remake del cinese Infernal Affairs), racconta l’uso di tecniche sofisticate (green screen, computer grafica, modellini) per le scene aeree, composte di 240 inquadrature. Di Hughes, l’autore di Casinò, ha amato l’ambizione titanica e tragica: “era come un re dell’antica Grecia che paga per il suo potere assoluto”. Scorsese vede forse un equivalente dei giorni nostri in Ted Turner, il magnate della Cnn con la passione per la vela. “Il sogno americano è un’arma a doppio taglio: esistono uomini o società che accumulano tanto per poi attivare forze autodistruttive”. Tra i suoi punti di riferimento, un film di Max Ophüls del ’49, Caught, ispirato proprio alla vicenda di Hughes, ma anche l’amato Visconti.

The Aviator“E’ vero, anche la prima volta che incontrai Scorsese mi parlò di Visconti e ricordo che sul set dell’Età dell’innocenza fece vedere a tutti Il Gattopardo. ‘Se riesco a fare il 10% di questo, mi riterrò fortunato’, ci disse”. A raccontare è Dante Ferretti, alla sesta collaborazione con il cineasta newyorchese. Ci è voluto un anno di lavoro per preparare il look di un film che lo scenografo italiano definisce a basso costo. “Siamo stati fedeli agli ambienti reali, quando era possibile, il Chinese Theatre, il Cocoanut Grove, celebre nightclub di Hollywood, la casa e l’ufficio di Hughes con la sala di proiezione dove si rifugiava, gli hangar e anche gli aerei: ne ho ricostruiti tre, il più grande, l’Hercules, solo a metà per esigenze di ripresa”. Ferretti ha visto centinaia di film dell’epoca (si va, grosso modo, dal 1927 al ’47) insieme a Martin, grande cinefilo. “Tra i suoi amori soprattutto il cinema italiano, che l’ha sempre ispirato e che ha raccontato anche con documentari”. Forse per questo è nata la collaborazione con un set designer che vanta otto film con Pasolini e sei con Fellini. “Conobbi Martin proprio mentre lavoravo alla Città delle donne. Mi chiamò per L’ultima tentazione ma ero occupato. Feci con lui L’età dell’innocenza e poi Kundun, Bringing out the dead, Casino, Gangs of News York. Ora The Aviator e presto The Departed, ambientato nella Boston dei gangster irlandesi. Grazie ai suoi film ho collezionato quattro nomination”.

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04 Gennaio 2005

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