Tax Shelter. Ecco la cura più volte invocata per il nostro cinema nel convegno “L’industria degli audiovisivi in Italia: le nuove condizioni per la competitività delle imprese”. All’incontro, promosso dall’ISIMM, l’Istituto per lo studio dell’innovazione nei media e per la multimedialità, ha partecipato il mondo politico e finanziario al completo. Dai vertici di Medusa, Eagle Pictures e Raicinema – Giampaolo Letta, Giampaolo Sodano e Giancarlo Leone – al Ministro dei Beni culturali Urbani insieme a Polillo, della segreteria tecnica del Ministero dell’economia e finanza, e Innocenzi, sottosegretario al Ministero delle comunicazioni. Senza contare i gruppi finanziari (Interbanca e Societé Générale).
Quattro ore di interventi, durante i quali sono state presentate ricerche dettagliate e proposte per un nuovo sviluppo dell’industria cinematografica e audiovisiva. Enrico Manca, presidente dell’istituto promotore, ha introdotto alcune tematiche dell’incontro. Da un lato ha ricordato alcuni elementi incoraggianti, come l’aumento dell’8% negli incassi del cinema italiano e la crescita della quota di mercato della produzione (dal 15,3% al 22,7%); dall’altro non ha mancato di sottolineare le “zone d’ombra dell’industria cinema”. Un’imprenditoria ancora artigianale che non si avvale come dovrebbe del sostegno del mondo finanziario. E ha fatto confronti tra Stati Uniti ed Europa. Il business americano segue un modello democratico perché determinato dalla “tirannia del box office”. In poche parole, il mercato è il sistema capace di riconoscere le imprese di successo, e dunque meritevoli di investimenti finanziari.
In Europa invece, secondo Manca, vige il “modello aristocratico”. Un tipo di business nel quale interviene lo Stato decidendo i film da finanziare. Ma ha precisato: “Non si discute qui del sostegno pubblico verso il prodotto italiano, bensì la presa di distanza dal rischio di assitenzialismo inefficace, assieme alla presa di distanza da avventure produttive disinvolte nello sfruttare i fondi pubblici”. La soluzione immediata sta nel verificare le credenziali delle imprese, analizzando la loro economicità e disposizione al rischio. L’altra azione, sta nell’introduzione della fatidica tax shelter, un sistema di protezione fiscale (ma bisogna vedere quale tra i tanti), che consenta all’impresa di investire nel progetto utili detassati.
Sodano, presidente della Eagle Pictures, è dello stesso avviso: “Lo Stato non deve gestire le imprese, sarà il mercato a finanziarle”. In altri termini, ribadisce la necessità dell’introduzione della tax shelter piuttosto che l’utilizzo dei tradizionali fondi d’investimento. E dice: “In Inghilterra, dove funziona questo sistema di protezione fiscale, l’imprenditore guadagna fin dall’inizio il 10%, qui nulla”.
Polillo, capo della segreteria tecnica del Ministero dell’Economia e Finanza, ha sostenuto invece la legge Tremonti-Bis, che prevede una detassazione degli investimenti al 50%. E ha aggiunto: “Questo intervento normativo dà fastidio per la sua semplicità di applicazione in quanto non intervengono interferenze burocratiche”. Una legge, secondo Polillo, applicabile dalle piccole, alle medie e grandi imprese.
Insomma, la torta questa volta dovrebbe spartirsi meglio. Dulcis in fundo il Ministro Urbani, che ha annunciato di aver appena richiesto al Parlamento la delega per la riforma della legge cinema e ha esposto le linee guida di intervento fiscale: l’introduzione della tax shelter e la creazione di fondi d’investimento specializzati. Ha poi ribadito che “l’industria cinematografica non può basarsi sul fiuto. Non basta un buon trattamento, una buona sceneggiatura. Al suo fianco dovrà essere condotta una preventiva ricerca di mercato per capire se quella sceneggiatura piace al pubblico o meno”.
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