TATTI SANGUINETI


Tatti Sanguineti deve ringraziare la censura: se non fosse per carte bollate e metri di pellicola sforbiciati forse non avrebbe riscritto la storia del cinema italiano come sta facendo, tra Fellini, Andreotti e Totò per finire al festival di Sanremo. “Ero chierichetto e mi ricordo ancora Don Bruno seduto nella buia galleria della cineteca a ordinare “taglia” all’operatore”.
Nel frattempo la censura non è morta. Ma è difficile tirargli fuori un commento sull’oggi. A parte Ciprì e Maresco. “Lavorano da tre anni per pagare i debiti, devono ancora restituire allo Stato duecento milioni di quei finanziamenti che gli hanno revocato. Solo Tele+, il sindaco di Palermo e alcuni amici li hanno aiutati!”. Ma questo farà parte di un capitolo futuro.

Sanguineti, lei ci è riuscito a capire come ragionano i censori?
Non è semplice. In Senso fu tagliata una sequenza dove un soldato austriaco sollevava una nobildonna veneta dopo la vittoria. Un campo lungo forse poco patriottico.
Altra stranezza: La dolce vita la fece franca, a parte una modifica nel sonoro per cancellare la parola “frocio”, mentre Totò, Peppino e la Dolce vita fu massacrato.

Come lo spiega?
Fellini si salvava perché abilissimo nei rapporti con i prelati e la Chiesa. Totò è stato a lungo il primo bersaglio della censura italica. La Maya desnuda passa, ma quando il comico la dipinge con le braghette nella sua parodia il censore s’accende.

Cosa scandalizza di più?
Il nudo. Non si fece mai, per esempio, Zinna bianca, che Ferreri aveva proposto a Ponti e che Sophia Loren non volle perché non si riconosceva nel ruolo della splendida meticcia scura di pelle con un solo seno candido: un progetto che poi, rimaneggiato, diventò La donna scimmia. Tagliate anche le puttane per onorevoli o per militari, l’orgasmo femminile in tempo reale di Brucia, ragazzo brucia, Sergio Endrigo che canta tra le reti dei pescatori per un amore che non supererà l’estate, quasi tutti i musicarelli compreso Urlatori alla sbarra di Vivarelli.

E il cinema d’autore?
Due casi clamorosi: lo stupro della Fontana della vergine di Bergman, che scandalizzò e fece discutere anche il pubblico svedese; e i Comizi d’amore di Pasolini, per esempio quando si parla di omosessualità femminile. Ma Pasolini si autocensurava oppure metteva apposta nei suoi film scene da tagliare: per distrarre i censori.

Che spesso prendevano clamorosi abbagli…
Lavorando d’immaginazione. Un dito sollevato per fermare il traffico in Urlatori alla sbarra fu giudicato fallico… L’ombra di una spogliarellista su una parete sembrò peggio del vero spogliarello. Senza parlare della presunta fellatio vista da un’anziana signora della commissione in Partner di Bertolucci: dimostrò più spregiudicatezza dell’autore.

E la religione?
Il reato di vilipendio è stato contestato di rado: solo per Viridiana, La ricotta, Trastevere, Nel più alto dei cieli, un film danese dove Gesù era dipinto come un terrorista e naturalmente Totò che visse due volte. Che adesso è incriminato per il meno grave vilipendio del culto dei morti, delle cose sacre e del sentimento religioso.

Sanguineti, cosa dobbiamo aspettarci dall’ingresso degli animalisti nella commissione di censura?
Non lo so. Ma la cosa recente che mi ha più colpito sono le polemiche intorno alla fiction sulla Uno bianca: i parenti dei Savi hanno protestato perché volevano più atrocità…

autore
22 Febbraio 2001

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