ROMA – Indossava una t-shirt nera con la scritta bianca “Brutalism” Quentin Tarantino alla conferenza stampa romana di C’era una volta a… Hollywood, il suo nono film presentato in concorso a Cannes e mostrato ieri sera in un’affollatissima anteprima al Cinema Adriano che ha rianimato la sonnacchiosa estate capitolina in attesa dell’uscita italiana del film, il 18 settembre con Warner Bros. Lui, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie si sono fatti attendere proprio come ci si aspetta dai veri divi dopo la proiezione del film che, uscito pochi giorni fa negli Stati Uniti, ha già segnato un record: nel primo weekend ha incassato 40 milioni di dollari, più di ogni altro film di Tarantino. Forti di questo successo, i due interpreti e il cineasta erano rilassati di fronte alla platea di giornalisti (in molti casi strappati alle vacanze per l’occasione). La storia dell’attore in declino Rick Dalton (DiCaprio) e della sua fedele controfigura Cliff Booth (Brad Pitt) mette in campo moltissimi temi, cinematografici ed extracinemtaografici, raccontando quei giorni del 1969 in cui Hollywood – e l’America tutta – perdevano l’innocenza con l’omicidio di Sharon Tate da parte della setta di Charles Manson.
“Ho adorato da subito questa sceneggiatura brillante che racconta di uno stretto rapporto di amicizia tra un attore e il suo stunt – ha spiegato DiCaprio – della cultura hollywoodiana che stava cambiando, così come la sua industria, e del protagonista che cerca di sopravvivere a questo cambiamento. Abbiamo cercato di mettere in scena tutto ciò mostrando alcuni giorni di vita di queste persone, mettendo in luce in pochi momenti la vera natura di un uomo angosciato dalla sua mortalità, che vede il mondo andare avanti malgrado lui”. Per incarnare Rick Dalton, DiCaprio si è immerso nei western anni ’50, sfoderando ghigni da villain e pose da vero duro: “Quentin è un grande cinefilo, ha una conoscenza impressionante di quel cinema e rispetta tantissimo i suoi protagonisti. Molti di quegli attori non li conoscevo nemmeno, lui ci ha portato dentro quel mondo con rispetto e passione”. “Molte cose che si vedono in C’era una volta a… Hollywood – ha aggiunto Tarantino – erano proprio quelle che si potevano vedere al cinema nel 1969 e che magari rimanevano in sala per un anno. Conoscevo bene quegli attori e quel mondo. Avevo sei anni e sono stato conquistato da Sharon Tate in The Wrecking Crew, trovavo Sharon Tate molto affascinante e divertente”. A interpretarla, come è noto, è Margot Robbie: “Hollywood cambiò molto in quel periodo e anche oggi attraversiamo un periodo simile di cambiamento”, ha detto l’attrice.
“Il cinema oggi è diversissimo da quello degli anni ’90 – ha commentato ancora Tarantino – quindi rispetto al ’69 lo è ancor di più. Se penso ai vecchi tempi la prima cosa che mi viene in mente sono i grandi set che venivano costruiti, mentre oggi si fa quasi tutto in post-produzione. Si creavano mondi, si costruivano villaggi, non c’era il digitale. Oggi non lo fanno più nemmeno le grandi produzioni: abbiamo perso un patrimonio enorme di immagine e artigianato, stiamo correndo un gran pericolo”. Il fattore nostalgia è certo determinante in C’era una volta a… Hollywood, caleidoscopio di citazioni, memorie, celebrazioni e frammenti di un immaginario perduto, ma sempre più spesso riacciuffato dai registi contemporanei. Tra i tanti atti d’amore, c’è quello, importante, al cinema di Corbucci e Margheriti, dichiarato nel film con la trasferta italiana di Dalton per girare un pugno di film di genere. “Gli italiani hanno reinventato il genere per un pubblico nuovo – ha sottolineato Tarantino – gli hanno dato nuova vita e hanno permesso di vederlo con nuovi occhi. Sono un fan degli spaghetti western, della commedia sexy, dei poliziotteschi. Leone, Corbucci, Tessari, Sollima… hanno quasi tutti iniziato come critici e appassionati di cinema, un po’ come è successo nella Nouvelle Vague in Francia. Io amo molto quest’italianità, questa qualità lirica dei vostri film dove tutto è surreale e sopra le righe”.
Con questo suo nono film, come aveva fatto in Bastardi senza gloria per il nazismo e poi in Django Unchained per la schiavitù, Tarantino mette le mani su una pagina dolorosa del passato e la rielabora con il cinema. “Il cinema può cambiare la storia?”, gli chiedono. “No, ma può esercitare un’influenza”, risponde.
A questi link i pezzi da Cannes:
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