Takeshi Kitano


T. KitanoQuarta volta per Takeshi Kitano al Lido, che torna dopo aver vinto nel 1997 il Leone d’oro con Hana-bi e nel 2003 con Zatoichi il Premio speciale della regia. Takeshis’ è il film a sorpresa del Concorso. Caduta la candidatura del film di Terence Malick, il direttore Muller ha optato anche quest’anno per una scelta asiatica, memore del successo di critica e pubblico ottenuti nella precedente edizione dal regista coreano Kim Ki-duk.
Kitano nel film da lui scritto,diretto e prodotto veste i panni di Beat Takeshi, nome d’arte con il quale dal 1972 s’è fatto conoscere e amare dal pubblico giapponese, in particolare in televisione, oltre che al cinema.
Una riflessione grottesca sulla sua professione di attore affermato, alle prese con il glamour e lo show business. Speculare alla carriera di successo di lui “Beat” c’è l’esistenza faticosa di un Kitano identico nell’aspetto, il timido cassiere di un emporio che, provino dopo provino, aspetta la grande occasione. Le loro storie s’intrecciano, finzione e vita reale anche, e il film scivola sempre più nell’onirico e nel surreale, tra continue e rumorose sparatorie con l’onnipresente yakuza.

Takeshi'sCome nasce questo film?
Per anni ho lavorato intorno all’idea di un film chiamato Fratctal. La storia di un uomo qualunque che ad un certo punto della propria vita entra nel mondo immaginario della sua coscienza, dove vede se stesso entrare in un altro mondo immaginario, dove vede…

Poi che cosa è accaduto di “Fractal”?
Il cambiamento più grande che ho fatto per Takeshi’s è la scelta non solo di essere protagonista di me stesso, ma anche di impostare il protagonista come Beat Takeshi/Takeshi Kitano. Ho deciso che questa era la maniera più incisiva per mostrare i personaggi in modo realistico, date le premesse non reali della storia. Naturalmente ciò non significa che il Beat Takeshi del film sia l’equivalente di me stesso. Il personaggio del film è l’amalgama sia dell’immagine pubblica di Beat Takeshi che credo la maggioranza dei giapponesi abbia di me vedendomi in tv e al cinema, sia dell’immagine stereotipata di star che rappresento.

“Takeshi’s” inizia e chiude con una scena di un film, in cui nei panni di un soldato giapponese morente, attende il colpo finale del soldato americano.
L’immagine del soldato americano con il fucile spianato ha fatto parte dei sogni della mia infanzia, è stato un mio incubo. Forse è anche un modo per ricordare che dopo la guerra la cultura americana ha influito su quella giapponese.

 

Che reazioni si aspetta dal pubblico?
Non pretendo che gli spettatori capiscano il film, ma che lo sentano. Prima di comprendere ciò che vi è di bello o di brutto, voglio che si divertano. Direi loro: “Non pensate troppo al significato, è solo un film”. Ho realizzato e interpretato tanti film, Takeshis’ è in fondo la parte finale delle mie opere. In futuro credo che cambierò tema: la pace, la bellezza delle donne. O forse qualcosa di comico.

Il suo film sembra essere stato ispirato da Federico Fellini?
E’ uno dei miei registi preferiti, ma non ho mai capito i suoi film e poi li trovo tristi.

autore
02 Settembre 2005

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