I suoi numi tutelari sono i grandi interpreti del cinema americano degli anni ’70, da Robert De Niro, a Dustin Hoffmann, ad Al Pacino, e nonostante sia stato lanciato da un film capolavoro come Il Profeta e ora sia ricercatissimo, gira tranquillo per strada, “perché non mi sono dato in pasto ai media, sapevo che era pericoloso”. Tahar Rahim, monumentale detenuto in carriera della pellicola di Jacques Audiard, ora è al Lido per presentare ai Venice Days Love and Bruises del cinese Lou Ye. Storia di un travagliato e violento amore tra un esuberante operaio francese (il suo Mathieu) e la studentessa cinese Hua (interpretata da Corinne Yam), il film decolla con un incipit scioccante: Mathieu conosce Hua, la invita a cena, cerca di sedurla e poi di passare allazione, ma di fronte alle sue resistenze perde il controllo e la violenta. Lei però, reagisce in modo strano, prima tenta di sottrarsi, poi cede e si lancia in quella che diventerà una storia damore. Nata, appunto dalla violenza. Un film straripante di scene di sesso, spesso e volentieri disturbanti, che ovviamente non potrà vedere le sale cinesi. E che, dietro all’incontro tra due corpi insaziabili e due anime divise, cela una riflessione sull’incontro tra culture e strati sociali.
Come è successo che un regista cinese scegliesse lei per questo ruolo?
Lou Ye ha visto Un profeta e mi ha cercato chiedendomi una foto. Già da quella ha sentito che sarei stato adatto al suo personaggio e mi ha chiamato. Quando ci siamo incontrati mi ha convinto della qualità del progetto, e poi mi sono ancora più convinto vedendo i suoi film precedenti.
Immagino sia stato difficile girare quelle scene di sesso, in particolare quella iniziale.
Sì, non saprei dire come le ho affrontate, non c’è una ricetta, in questi casi bisogna solo lanciarsi. Ho provato a immaginare cosa significasse perdere il controllo e diventare violento come un animale, e poi subito dopo realizzare il male che avevo fatto e cercare di porvi rimedio. E’ stato importante per me non vedere Corinne prima delle riprese del film, ho voluto così e mi ha aiutato molto.
In realtà, al di là dei caratteri diversi e contraddittori dei due protagonisti, a dividerli sono soprattutto le differenze sociali e culturali.
Sì, il film mostra uno shock culturale, ma questo non vuol dire che persone di culture diverse non possano coabitare, è solo un esempio. Bisogna essere educati all’amore quando si è molto diversi, se non lo si è l’amore può esistere, ma difficilmente resistere. In questa storia si trasforma in un amore violento, che fa male e non può durare.
Dopo Un profeta, del 2009, ha girato altri film con grandi registi come Jean-Jacques Annaud, Kevin Macdonald e Joachim Lafosse. Come sceglie i ruoli da interpretare?
Subito dopo il film di Audiard sono stato un anno senza lavorare. Avevo bisogno di calmarmi e prendere il mio tempo per scegliere. Di solito lo faccio in base alla sceneggiatura e all’incontro con il regista.
Dove trova, invece, il materiale di ispirazione per costruire i suoi personaggi?
Cerco soprattutto di non far riferimento ad altri attori o personaggi perché rischierei di imitare e invece è necessario sempre creare una personalità forte e unica. Io traggo ispirazione dalla strada, dai libri, dai tanti film che ho visto e lavorano inconsciamente dentro di me. Ho anche fatto un corso di teatro, ma non l’ho finito: ho imparato molto ma poi l’ho rifiutato perché sentivo che mi avrebbero formattato, preferisco ispirarmi alla vita.
Qual è quindi il cinema che l’ha ispirata e quello che oggi ama?
Quello americano degli anni ’70, quello francese degli anni ’40, ’50 e ’60 e il cinema coreano, che è molto potente. Ora mi sembra che la Scandinavia abbia grandi talenti come Refn e Alfredson. Del cinema italiano so poco, ma so che Toni Servillo è un attore straordinario, che ho adorato Gomorra e che mi piace molto Nanni Moretti.
Se potesse scegliere liberamente, qual è il ruolo che più le piacerebbe interpretare?
Vorrei scoprire se sono capace di mettermi nei panni di qualcuno di assolutamente spregevole, senza fede né legge, qualcuno che abbia perso completamente lumanità. Sarebbe una bella sfida, ma non sono sicuro di avere in me le risorse necessarie per farlo.
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