Al Festival di Roma è il giorno di Sly. L’attore accompagna, assieme al regista Walter Hill, il film Bullet to the Head in cui, con divertita ironia, interpreta uno dei suoi classici ruoli da ‘duro’ in un canovaccio da ‘buddy movie’ che pesca a piene mani dalle ation comedy degli anni ’80 come 48 ore o Arma Letale. “La vendetta non ha età”, recita la frase di lancio e, stando agli applausi che il film ha ottenuto dopo la proiezione stampa, sembra che anche per Sly gli anni che passano non rappresentino un problema. Motivo di orgoglio in più, la sceneggiatura è opera di un italiano, Alessandro Camon, che si è ispirato a un fumetto francese di Alexis Nolent. Nel film Stallone è un sicario che si allea con un poliziotto (Sung Kang) per vendicarsi dei boss malavitosi che hanno provocato la morte dei rispettivi partner.
“Ma prima di ogni altra cosa – esordisce Sly – devo fare una dichiarazione importante: pochi luoghi al mondo sono icone del cinema come gli Studios di Cinecittà, e vi assicuro che nel mio mestiere di luoghi se ne vedono parecchi. E’ un posto magnifico, un museo meraviglioso e non può sparire. Il governo italiano, assieme a tutti voi che amate il cinema, deve fare assolutamente tutto il possibile per preservarli”.
Due giorni fa ha incontrato i ragazzi di Tor Bella Monaca, quartiere periferico di Roma, ed è stato accolto calorosamente. Ha sentito affinità con questi giovani?
Assolutamente. Trovo che il sindaco Alemanno abbia avuto un’idea straordinaria. E’ un quartiere simile a quello dove sono cresciuto io, che sono passato da un luogo molto brutto a uno molto bello in pochissimo tempo. Ho detto loro che non devono avere paura del fallimento e degli insuccessi. Ho detto: “Vi capiterà di fallire mille volte, ma ogni volta sarete un pochino più saggi e questo vi porterà a raggiungere le vostre mete”.
Lei, attraverso i suoi personaggi iconici come Rocky e Rambo, è diventato un riferimento per più generazioni. Ne sente il peso?
Sì, ma è un buon peso. Rambo e Rocky rappresentano due facce della stessa medaglia. Il primo appartiene al mondo dell’inconscio, dell’oscurità, l’altro è ottimista, ancora oggi li utilizzo e li combino. Jimmy Bobo, protagonista di Bullet to the Head, ne rappresenta il mix ideale ed è un ottimo elemento di transizione verso la mia generazione.
Nel film ironizza anche sulla sua età, eppure appare in gran forma…
Questo è perché mi alleno costantemente con gli attrezzi da palestra Technogym, prodotti in Italia! Giuro che sto dicendo la verità! Ma, scherzi a parte, quello che mi tiene davvero in piedi è la determinazione. Quando sono arrivato a Hollywood ero fin troppo ottimista. Mi dicevo: ‘Ehi, io amo loro alla follia, loro ameranno me!’. Poi abbiamo fatto Rocky, e io continuavo a vivere in un appartamento fatiscente e a non essere pagato. Allora sono andato dal produttore. Gli ho detto: ‘Hey, il film è costato 800mila dollari e voi avete guadagnato cento milioni. Perché continuo a non vedere un centesimo?’. E lui: ‘Perché non ce ne frega niente di te. Ti pagheremo quando ci andrà. Torna al lavoro!’. Beh, gli ho detto grazie. E’ stata una lezione: non è una storia d’amore quella col cinema, non è sempre divertente, è business. Devi prendertene cura, ma ti puoi fidare solo di te stesso. Da allora, tutti i miei film hanno riguardato il superamento degli ostacoli. Dalla rabbia e dal caos è venuta fuori la mia creatività.
Bullet to the Head è un action vecchio stampo. L’effetto speciale più d’effetto sono le vostre facce e i vostri corpi…
E’ una pellicola artigianale, potremmo dire. La differenza è come quella tra farsi fare delle scarpe a mano, o comprare delle scarpe fatte a macchina. Ho imparato dai miei errori. In passato ho fatto molti film in cui magari si esagerava con l’azione. Ho capito che invece i dialoghi sono importanti, per creare tensione e situazioni interessanti. Nel film, il mio personaggio e quello di Kang si odiano, in un’altra circostanza si potrebbero ammazzare, ma hanno bisogno l’uno dell’altro. E poi c’è un’ambientazione interessante, quasi da western, solo che invece dei cavalli usiamo le Ferrari.
Negli anni ’80 c’era questo giochino della rivalità tra lei e Schwarzenegger. In Bullet to the Head prende ‘a calci nel sedere’ Jason Momoa, l’attuale interprete di Conan al cinema…
Ah, Arnie, il mio antico rivale, manco fosse Annibale. La verità è che il mio rivale è un caro vecchio amico. Abbiamo messo su insieme un’intera generazione di film, anche se la prima volta che l’ho visto ho pensato: ‘Questo tizio è pieno di muscoli, dovrebbe iniziare a scrivere’. E ora abbiamo fatto insieme I Mercenari 2, dove lui ha fatto un lavoro straordinario, come del resto è straordinario Momoa. Nel film combattiamo con delle asce, una scena piuttosto interessante, anche perché l’abbiamo sottolineata con una battuta. Ecco, sembrava proprio di essere in un western. Le scene di combattimento sono come una danza, e Jason è davvero bravo e aggraziato, si muove come una pantera, nonostante la sua stazza, è alto più di due metri.
Perché alle persone piace guardare film violenti?
Ah, non lo so. Il problema è quando gli piace la violenza e non il sesso. Mi scusi, erano anni che volevo dirla!
E poi lei ha esordito con una commedia: Il dittatore dello stato libero di Bananas di Woody Allen, dove fa una comparsata come teppista…
Incontrare uno come Allen ti cambia la vita e nel mio caso è stato letterale. Pensare che non voleva nemmeno prendermi. Ma non aveva il coraggio di dirmelo così mandava avanti il suo aiuto regista, per dirmi che non facevo abbastanza paura, che non ero convincente. Mi sono coperto la faccia di pece e sono tornato alla carica. ‘E ora, faccio abbastanza paura?’, ho detto con fare minaccioso. Woody era così nervoso che ha detto subito: ‘Ok…ok…ingaggialo!’
Domanda inevitabile. Rivedremo mai Rocky e Rambo?
Con Rocky ho concluso. E’ un atleta, ha raggiunto il suo top, non c’è altro da raccontare. Per Rambo è diverso. Lui si è sempre raccontato un sacco di bugie, convincendosi che combatteva per il suo paese. Ma non è così. Rambo combatte a prescindere, non sa stare lontano dalla guerra, non è in grado di tornare a casa perché, fondamentalmente, una casa non ce l’ha. Quello che cerca è una morte gloriosa. Ho un’idea e ci sto lavorando. Potrebbe tornare. Ammesso che il fisico non mi abbandoni. Altrimenti farò ‘Rambo contro l’artrite’! O magari lo trasformo in una ragazza… Rambolina, la società di oggi potrebbe accettarlo!
Com’è invece la sua vita fuori dal set? Come si tiene impegnato quando non lavora?
Ah, bella domanda. Anch’io mi chiedo che diavolo facciano quegli attori che fanno un film all’anno, qualcuno addirittura un film ogni cinque anni? Che fanno? Cucinano? Portano a spasso il cane? Non lo so. Io inseguo le mie figlie dentro casa, ecco che faccio. A casa mia sono tutte donne, mia moglie, le mie figlie, perfino il cane mi hanno castrato! Questo mi tiene molto impegnato.
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