“La tecnologia socialista sconfigge la forza di gravità”. Lo strillo di un quotidiano (così titolò l’Unità in occasione del lancio dello Sputnik nel 1957) che riassume bene l’atmosfera che si respirava in quegli anni, tra i ’50 e i ’60, quando il mondo era ancora diviso nei due blocchi contrapposti dell’America capitalista e della Russia comunista e anche in Italia bisognava decidere se tifare per gli astronauti a stelle e strisce o per quelli sovietici. E’ in questo immaginario allo stesso tempo lontano e vicino che ha deciso di affondare le mani la regista esordiente Susanna Nicchiarelli, trentatreenne passata per un dottorato in filosofia, poi per il Centro Sperimentale di Cinematografia e infine per la collaborazione con Nanni Moretti, che l’ha portata a realizzare il backstage del Caimano e Ca-Cri-Do-Bo, uno dei Diari della Sacher. Con Cosmonauta, sceneggiato con Teresa Ciabatti e co-prodotto da Fandango e Rai Cinema, la Nicchiarelli approda alla Mostra di Venezia nella sezione competitiva “Controcampo italiano”, che fu inventata all’epoca della direzione Lizzani. Al centro della storia Luciana, una ragazzina di quindici anni che, in onore del padre, si proclama comunista e nella sezione del PCI fa le sue prime esperienze politiche, sentimentali e sessuali. Il tutto guardando alle stelle, quelle conquistate da Gagarin e dalla prima cosmonauta donna, Valentina Tereshkova, la sua eroina. In sala dall’11 settembre con Fandango, il film sarà preceduto dal cortometraggio d’animazione Sputnik 5 diretto dalla stessa Nicchiarelli, che rievoca, grazie a personaggi in plastilina, il lancio del primo satellite artificiale che riportò a terra animali ancora in vita (topi, cani, ragni e piante) nell’agosto 1960 dopo un volo di un giorno intorno alla Terra.
Come è nata l’idea di un film ambientato alla fine degli anni ’50, in un mondo che lei non ha vissuto?
Tutto è nato quando ho visitato il Museo della Cosmonautica di San Pietroburgo; mi ha impressionato constatare che all’epoca metà del nostro paese tifava perché il proletariato arrivasse per primo nello spazio. Quindi ho pensato che, piuttosto che rivolgermi all’autobiografismo, per la mia opera prima potevo riattualizzare un immaginario forte. Vicino, perché risale a non moltissimi anni fa, e contemporaneamente lontanissimo, perché non ci sono più la Guerra Fredda, l’Urss e nemmeno il PCI, e molti miti di quell’epoca oggi sono completamente scomparsi. Per ricreare quel mondo abbiamo fatto un notevole lavoro di ricerca, recuperando molte immagini di repertorio che accompagnano tutta la storia: si vedono Yuri Gagarin, Valentina Tereshkova, la cagnetta Laika, l’emozione delle folle…
Che tipo di film è “Cosmonauta”?
Cosmonauta è innanzitutto il racconto di un’adolescenza, a cui fa da sfondo l’immaginario della lotta culturale tra due società alternative. E’ un romanzo di formazione ambientato tra il ’57 e il ’63 che, attraverso la rievocazione della conquista dello spazio, narra l’affermazione politica e personale di una ragazzina e contemporaneamente un pezzo della storia d’Italia.
Come ha scelto i protagonisti del film?
Nel ruolo di Luciana, la protagonista, c’è Miriana Raschillà , un’adolescente trovata in un liceo romano, in quello del fratello Pietro Del Giudice, altro ragazzo che non aveva mai recitato prima. I loro genitori sono Claudia Pandolfi e Sergio Rubini, che in realtà è un patrigno: un uomo di destra, borghese e meridionale con cui la madre si sistema dopo essere rimasta vedova di un comunista.
Un ruolo molto importante è rivestito dai costumi, dalle scenografie, dalle musiche…
Abbiamo scelto dei vestiti degli anni ’50 e ’60 dai colori esagerati, più per creare un’atmosfera che per una preoccupazione di precisione storica. Visto con gli occhi di oggi, quel periodo era caratterizzato da un’ingenuità diffusa ed è un po’ questa la sensazione che volevo restituire anche con i costumi e le scenografie. La colonna sonora è fatta di canzonette di quegli anni rielaborate e ‘attualizzate’ da Max Casacci dei Subsonica.
La storia e l’ambientazione ricordano vagamente “Mio fratello è figlio unico” di Luchetti. Ci sono delle analogie?
E’ un film che ho amato molto e non mi dispiacerà se sarà accostato al mio. Ma quello raccontava un periodo oscuro e si concentrava sulla storia di due fratelli maschi, qui invece il punto di vista è femminile. Quello raccontato da Cosmonauta era un mondo in cui un’adolescente pagava con la discriminazione e l’indifferenza il suo essere donna, perché i comunisti di allora erano maschilisti e molto moralisti. Inoltre io, al contrario di Luchetti, non sfioro nemmeno il periodo del terrorismo, che è venuto dopo, ma piuttosto evoco l’innocenza perduta di un’epoca in chiave di commedia.
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