TORINO – C’è stato un tempo, neppure così remoto, in cui il massimo sogno di una donna era quello di sistemarsi. Fare un buon matrimonio e restare moglie (e madre) per tutta la vita. Poi arrivò il divorzio. Scandalo per la Democrazia Cristiana – con Amintore Fanfani in prima linea nella battaglia – ma sostenuto da una larga fascia della popolazione, cattolici compresi. Tanto che al referendum abrogativo del 1974 la prevalenza dei “no” fu schiacciante. Segno che l’emancipazione femminile era ormai una realtà per quanto sofferta e combattuta.
Per tutta la vita è il titolo del bel documentario di Susanna Nicchiarelli che ha aperto la sezione Diritti & Rovesci, quella curata dal guest director Paolo Virzì, padrone di casa e conduttore della chiacchierata con la cineasta, in una sala 2 del Massimo particolarmente affollata. Prodotto dalla stessa regista insieme al fratello con il marchio Nicchia Film con l’apporto del Dams di Roma Tre e di Rai Cinema con un costo di 45mila euro, il film andrà in onda sui canali Rai. L’autrice di Cosmonauta e La scoperta dell’alba ha raccontato la genesi di questo lavoro, che arriva a quarant’anni dal referendum sul divorzio. Un film che usa materiali di repertorio (tra cui quelli inediti di un comizio di Fanfani al Duomo di Milano conservate nell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, immagini di Enrico Berlinguer e di Padre Mariano), super8 di famiglia commentati da sua madre e suo padre (che sono ancora insieme), interviste a una coppia che ha divorziato, i genitori del montatore Stefano Cravero (ora sono nonni e condividono di buon accordo il nipotino), a un amico avvocato divorzista, a una biologa che si interroga sulla naturalità della monogamia nella specie umana, rispetto agli altri primati. Virzì non si è fatto scappare l’occasione per una battuta salace sulla famosa uscita della ministra Maria Elena Boschi: “Quando dice di preferire Fanfani a Berlinguer perché è di Arezzo, forse non ha visto questi materiali. Tra i due politici c’è una differenza abissale di civiltà”.
Come le è venuto in mente di parlare proprio del divorzio?
Forse perché mi ero appena sposata e mi chiedevo perché si decide di fare una cosa così assurda. Avevo pensato di fare film ambientato negli anni del referendum ma non ho trovato una storia, però facendo le mie ricerche ho visto tanti materiali di repertorio: ho conosciuto un’Italia lontanissima da quella attuale, un’Italia che mi ha incuriosito.
Adesso si sta discutendo del divorzio fast.
Sì, ma resta questa cosa ridicola delle due tappe, della separazione obbligatoria. Ne ho parlato a lungo con Silvio, l’avvocato divorzista che intervisto nel film: la legge cerca di dare un senso a una sofferenza umana e regola delle tappe. Il cittadino viene trattato come se non sapesse cosa deve fare.
Pensa ancora di fare un film di finzione su quegli anni?
Non so, la realtà è talmente forte che poi è difficile inventare delle storie. In Cosmonauta ho messo la mia adolescenza ma facendo un lavoro di invenzione. Mi piace un cinema che fa sognare e racconta cose impossibili, anche fantastiche. Mentre nel documentario studi l’umanità e le persone vere e questo ti serve a ricordare quanto è ricca e complicata la gente reale. Lavorare con le persone è più difficile che lavorare con gli attori. Quando qualcuno ti concede un’intervista ti fa un regalo enorme e io mi sento sempre un po’ in colpa, ho pudore.
La scoperta dell’alba, tratto dal romanzo di Walter Veltroni, era quasi un film di fantascienza.
La fantascienza in Italia non me l’avrebbero mai fatta fare, ma io sono cresciuta con Spielberg e Ritorno al futuro e quindi ho pensato che con un libro di quel tipo sarebbe stato più facile. C’era alla base un’intuizione molto affascinante, parlare del terrorismo con una struttura narrativa fantasy.
Adesso a cosa sta lavorando?
A un film da girare all’estero, una storia particolare, prodotta da Vivo Film. È un momento di crisi e l’industria chiede commedie. Ma è imprevedibile cosa fa andare bene un film, ci sono film fatti per incassare che vanno male e altri che diventano delle sorprese.
E un nuovo documentario?
Mi piacerebbe fare un documentario sull’adolescenza, ho avuto un’adolescenza difficile, sono cresciuta in mezzo a ragazzi cattivissimi dei Parioli che mi prendevano in giro e mi trattavano male. Vorrei intervistarli oggi e vedere che fine hanno fatto e chiedergli perché si comportavano così.
L'incasso complessivo del Torino Film Festival è di 259mila euro, trend positivo tenuto conto della diminuzione degli schermi passati da 11 a 9
"Solo in questa città possono capitare cose come questa, peraltro a spese dei contribuenti. Davvero penoso", scrive su Facebook il senatore Pd Stefano Esposito
"Non so ancora quale ruolo avrà. Ho incontrato Iggy Pop a New York, lui per me è un mito e viceversa. Così mi ha chiesto di avere una parte nel film. Ha una faccia rude e forte, un fisico strano ed è una persona colta, che conosce bene il cinema e la musica. Il film, una coproduzione canadese, americana e tedesca, s’avvale anche del crowdfunding che finirà l’8 gennaio, un modo di avvicinare il mio pubblico", dice il regista che al TFF ha presentato la versione restaurata di Profondo rosso
Triangle, distribuito da Istituto Luce Cinecittà, vince al TFF il Premio Miglior film sul mondo del lavoro “per la sua capacità di intrecciare in maniera non rituale, storie che si legano in un filo che danno continuità alla memoria del tempo". Miglior Film di Torino 32 è Mange tes morts di Jean-Charles Hue; 2 Menzioni speciali, una della giuria e una ai personaggi intervistati, vanno a N-Capace di Eleonora Danco; Miglior Film per Italiana.doc è Rada di Alessandro Abba Legnazzi