Rocco l’ha sempre detto. Lui ci mette la faccia e il corpo, in tutto. Per questo, quando parla della sua vita, non ha paura di commuoversi. E lasciarsi andare anche al pianto. A Berlino, dove accompagna il cast della serie dedicata alla sua vita, Supersex, piange più volte ricordando il proprio passato. Al suo fianco, il gruppo di registi, attori e produttori che hanno voluto trasformare la biografia del pornoattore a emblema della costruzione della mascolinità.
La serie, presentata in anteprima alla Berlinale, è nata da un’idea di Lorenzo Mieli, che l’ha prodotta per the Apartment del gruppo fremantle con Matteo Rovere di Groenlandia del gruppo Banijay, e si compone di sette episodi, in arrivo su Netflix dal 6 marzo. “Il 98% di quello che vedete è vero”, garantisce il divo del porno, interpretato nella serie da Alessandro Borghi per le sequenze ambientate nella vita adulta di Siffredi e da Saul Nanni in quelle che attraversano gli anni della sua formazione.
“La serie è stata un’occasione importante per interrogarmi su me stesso e sulla mia educazione sessuale” spiega Borghi riflettendo sul ruolo che il porno ha svolto, e svolge ancora, anche in Italia: “Perché nessuno ti spiega nulla e non si può ancora parlare liberamente di sessualità”. Supersex non parla solo di porno, per quanto sia riproposta la parabola discendente, come la descrive Siffredi, vissuta dal genere, passato dagli “entusiasmanti anni ’80 e ’90 alla mercificazione del web, dove tutto e dato e non c’è scoperta”. Al centro di Supersex c’è innanzitutto la vita di Rocco, riproposta quasi per intero, e i tanti temi che riesce a sollevare. Il modo in cui la figura di Siffredi ci interroga, è evidente anche nella sala stampa a Berlino, dove siede al centro mentre attorno a lui si parla perlopiù di Eros e Thanatos, scomodando drammaturgia greche e grandi quesiti. Molti di questi però, come suggerisce la serie, riguardano il presente, dove è in atto un cambiamento nel rapporto con la sessualità e non solo.
“È difficile per un’autrice donna avere l’occasione di raccontare il maschile” dichiara la sceneggiatrice Francesca Manieri, primo sguardo attraverso cui la storia del pornoattore è stata trasformata in metafora. La regia invece è di Matteo Rovere, Francesco Carrozzini e Francesca Mazzoleni.
“Rocco in quanto emblema racconta meglio di chiunque la costruzione della mascolinità – continua l’autrice -, di cui lui non è l’eccezione, ma l’eccesso, e perciò è il simbolo perfetto per parlare a tutti”. Supersex utilizza l’escamotage del voice over, che accompagna con la voce di Borghi ogni momento della vita di Siffredi, per riflettere continuamente su quanto accade. La sessualità è posta al centro come strumento per conoscere sé e gli altri, “un coming of age che non finisce mai” sottolinea Manieri riportando come Rocco evolva nel conflitto tra corpi trattati come semplice carne e rapporti sentimentali, importantissimi nella sua evoluzione.
Adriano Giannini e Jasmine Trinca interpretano la coppia più importante nella vita di Siffredi. È proprio il fratello Tommaso, a cui il piccolo Rocco guarda come a un Dio, che lo porta a “battesimo” in questa vita, regalandogli la sicurezza di cui ha bisogno e decretandolo “il più grande al mondo” dopo che un gruppo di bambini lo bullizza. Come nell’Elvis di Baz Luhrmann, anche il piccolo Rocco ambisce a diventare un supereroe, stringendo a sé il proprio simbolo rappresentato da un giornaletto trovato per caso. Il suo eroe si chiama “Supersex”, e oltre a mostrare le prime immagini di nudo al bambino, è anche il luogo sicuro in cui riesce a nascondersi mentre la famiglia vive una profonda tragedia. La serie allude così a sorta di predestinazione, e negli anni è stato lo stesso Siffredi a ripeterlo: “Non potevo fare che questo”.
Il percorso raccontato avanza per interruzioni, tra difficoltà a capirsi e numerosi traumi, che spiegano come mai sia ancora difficile per Siffredi parlare di sé. “Ho visto la serie in un pomeriggio – racconta – e ho pianto per giorni. Non riesco a dimenticare ciò che ho vissuto, ma oggi sono felice della mia famiglia e devo ringraziare per questo mia moglie e i miei figli”.
Per realizzare le scene di sesso, la produzione si è avvalsa di un intimacy coordinator, ruolo sempre più importante sui set. “Era presente in ogni scena a carattere sessuale – hanno spiegato i registi – rendendole più credibili, e fornendo un supporto emotivo e di tutela per gli attori, che si sono prestati con grande generosità”. Borghi ha sottolineato la difficoltà e la fatica nel recitare in queste scene, raccontando però di avere un rapporto libero con il proprio corpo. “Non ho mai avuto problemi a comunicare attraverso il mio corpo, anzi. Nella serie poi la nudità ha una funzione narrativa e le scene di sesso non sono mai gratuite, bensì restituiscono gli stati emotivi del personaggio”.
Sin dal suo annuncio, Supersex è stata molto dibattuta, soprattutto sul web, dove i primi teaser hanno registrato numeri record e un’accoglienza accesa. “Basta guardare i commenti, ci sono due fazioni – riflette Borghi – chi si chiede a che serva raccontare questa storia legata al porno, e chi l’attende. Nel mezzo c’è la ragione per cui io ho deciso di prendere parte a questo progetto: crea un contraddittorio e mette sul tavolo una discussione. Non abbiamo fatto Supersex per imporre un’idea, l’abbiamo fatto per raccontare una storia che apra a un confronto”.
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