La vita e la carriera di Christopher Reeve sono segnate da incredibili coincidenze e situazioni quasi surreali. Nel 1978, all’età di 26 anni, è diventato il primo autentico supereroe del cinema, protagonista di un film considerato il capostipite dei cinecomic moderni. Poi, a 42 anni, una semplice caduta da cavallo ha cambiato la sua vita, lasciandolo paralizzato dalla testa in giù.
Reeve morì il 10 ottobre 2004, a 52 anni, dopo aver trascorso gli ultimi nove anni e mezzo della sua vita su una sedia a rotelle e connesso a un respiratore. Nonostante questo, riuscì a dirigere tre film, intervenire alle Nazioni Unite, fondare insieme alla moglie Dana una Fondazione e diventare un’ispirazione per milioni di persone disabili in tutto il mondo.
Il documentario Super/Man: The Christopher Reeve Story, diretto da Ian Bonhôte e Peter Ettedgui e presentato a Roma come evento speciale di Alice nella città, celebra questo viaggio straordinario. Il film esplora non solo la vita dell’attore e il suo impegno a favore delle disabilità, ma anche l’amore, le complesse relazioni familiari, le amicizie – in particolare quella con Robin Williams – e la sua passione per il cinema e la resistenza umana.
Matthew Reeve, figlio maggiore di Christopher, ha accompagnato il film nella Capitale, ricordando le incredibili difficoltà e le sfide che suo padre ha affrontato. “È surreale essere qui”, afferma Matthew. Racconta di come il film sia nato dal ritrovamento di vecchi filmati di famiglia, girati da Reeve quando era lontano dai figli, un modo per mantenere il contatto mentre si trovava negli Stati Uniti. “Non volevamo metterlo su un piedistallo, ma raccontare onestamente chi fosse”, spiega Matthew.
“Sapevamo che esistevano questi filmini terribilmente etichettati, immagini che nostro padre aveva girato quando aveva acquistato una telecamera negli Stati Uniti e voleva stabilire con noi figli, che eravamo in Inghilterra, una connessione e ci mandava queste videocassette come fossero un diario che noi però non guardavamo perché volevamo lui in carne e ossa”.
Il documentario però è molto più di questo: comprende interviste con amici e colleghi come Jeff Daniels, Glenn Close, Whoopi Goldberg e Susan Sarandon, e spezzoni dei numerosi film a cui Reeve ha partecipato, molti dei quali non legati al suo celebre ruolo di Superman. Tra le curiosità del film, emerge il fatto che Reeve era allergico ai cavalli, ma per interpretare il Conte Vronsky in una versione televisiva di Anna Karenina aveva imparato l’equitazione, una passione che poi condivise con i suoi figli. Il 27 maggio 1995, durante una gara a cavallo in Virginia, subì l’incidente che lo lasciò paralizzato.
Matthew racconta che l’incidente fu questione di pochi centimetri: “Un centimetro più in là sarebbe morto, uno più in qua sarebbe stata solo una caduta imbarazzante”. Spiega inoltre che, nonostante la fama del padre, per lui e sua sorella Alexandra era semplicemente “papà”, un uomo che firmava autografi al parco mentre loro giocavano. Dopo l’incidente, il padre ritrovò la forza di vivere grazie a Dana, che gli disse: “Sei sempre tu, e noi ti amiamo”. È in quel momento, secondo Matthew, che Reeve divenne un vero eroe: “Un eroe è un uomo qualunque che supera ogni difficoltà”.
Il documentario mostra anche il ruolo di Reeve come attivista per i diritti delle persone con disabilità. Tra le scene più toccanti c’è quella di Barack Obama che firma una legge sulla disabilità intitolata a Christopher e Dana Reeve, morta un anno e mezzo dopo il marito per un tumore. Il film include testimonianze di amici e politici, come Hillary e Bill Clinton e John Kerry, che parlano della sua eredità.
Come spiega il regista Peter Ettedgui: “C’è una battuta di Superman che rappresenta perfettamente chi fosse Christopher. Lois Lane chiede a Superman ‘chi sei?’ e lui risponde ‘un amico’. Tutti abbiamo bisogno di un amico, non solo uno su Facebook, ma uno vero, senza mantello e superpoteri. Reeve ha dimostrato di essere quell’amico per molti, con il suo attivismo e la sua capacità di parlare sia ai democratici che ai repubblicani. Questo è stato il suo vero superpotere”.
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