Gli anni della Milano da bere, della disco music e del denaro che scorre a fiumi condito da cocaina ed eroina, nel nuovo film di Renato De Maria, Lo spietato, poliziesco all’italiana che racconta la parabola criminale di un giovane meridionale trapiantato nella periferia del Nord Italia, che passa dai furtarelli ai sequestri di persona, al business dell’edilizia e della droga, facendo suo il mito dell’efficienza meneghina, applicato, però, alla malavita. Un gangster movie di casa nostra, nella Milano del boom economico degli Anni ‘80, con un protagonista dall’ego spiccato, che si sente un manager più che un criminale, spinto dalla brama di potere e denaro ma soprattutto dal desiderio di un riconoscimento sociale. Interpretato da Riccardo Scamarcio (Santo Russo), che ha raccontato di essersi ispirato ad alcuni loschi figuri che giravano negli Anni ‘80 ad Andria, sua città d’origine: “Si vedevano in giro con la Ferrari e gli orologi d’oro, dicevano di fare gli imprenditori ma si faceva onestamente molta fatica a crederci. Cerco sempre di trovare dei punti di contatto tra la mia esperienza e i personaggi che interpreto, e in questo Andria è stata una grande fonte d’ispirazione”.
“Sono partito da una storia vera ma l’ho completamente riscritta partendo dai miei riferimenti cinematografici e dalle mie memorie di periferia di quegli anni”, sottolinea De Maria che confessa di aver attinto a larghe mani dal cinema di genere e dal poliziottesco italiano per fare un film lontano dal reportage di cronaca di quegli anni. Grande rigore filologico l’ha, invece, riservato alla ricostruzione delle atmosfere d’epoca: “Abbiamo cercato di essere il più possibile fedeli, facendo un’accurata ricerca sui costumi e sul design. Abbiamo divorato intere annate di Vogue, studiato centinaia di videoclip e girato l’Italia alla ricerca di collezionisti di materiale dell’epoca, dagli abiti alle macchine sportive”
Il film è liberamente ispirato a Manager Calibro 9 di Pietro Colaprico e Luca Fazzo, un romanzo basato sui racconti del super-pentito Saverio Morabito che hanno alzato il velo sulla mentalità e le regole di un nuovo mondo criminale, fatto di pesanti infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Nord Italia e di rapporti stretti con la politica e la cosiddetta economia “pulita”. Un viaggio lungo vent’anni nella mala italiana, che proprio negli Anni ‘80 si trasforma e getta le basi per la criminalità moderna infiltrata con l apolitica e che punta al dominio sul territorio.
Un tema, quello dell’evolversi della mala nostrana, che sta particolarmente a cuore al regista che già in Italian Gangster, uscito nel 2015 con Luce Cinecittà, aveva tracciato una sorta di biografia della criminalità nostrana nel periodo che va dal dopoguerra agli Anni ‘60. Un periodo tumultuoso per la nostra storia in cui i malviventi, più che spietati criminali appaiono come banditi ribelli e anarchici temerari dai soprannomi romantici: ‘il Robin Hood di via Borsieri’, ‘il Dillinger bolognese’, ‘il bandito gentile’, ‘il solista del mitra’…
“Era il film che aspettavo da tutta la vita di fare, il mio sogno adolescenziale realizzato – confida il regista – Sono cresciuto vedendo i film di gangster e leggendo noir americani, mi piace il genere e questo può contenere in sé varie cose, dalla storia d’amore travagliata alla tragedia greca rappresentata dall’ascesa verso il potere e dalla sua perdita disastrosa” .
Il film, girato in sei settimane e con le musiche di Riccardo Sinigallia che torna a collaborare per la quarta volta con De Maria, arriva nelle sale con Nexo in una tre giorni di proiezioni evento (8, 9, 10 aprile). Sarà poi subito disponibile in streaming su Netflix dal 19 aprile. Nel cast anche Sara Serraiocco e Marie-Ange Casta, sorella minore di Laetitia, nel ruolo delle due donne del gangster: l’una moglie calabrese sottomessa e devota, l’altra bellissima amante francese, elegante e irraggiungibile, e assidua frequentatrice di salotti milanesi in cui a farla da padrona è l’arte concettuale con tutte le sue stravaganze e assurdità.
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