“Storie sospese” di devastazione ambientale e umana

Marco Giallini diventa un rocciatore esperto che mette in sicurezza le pareti di montagna in Storie sospese, preapertura alle Giornate degli Autori


VENEZIA – “La domanda è: è giusto passare sopra la vita delle persone in nome di un eventuale progresso? Io non prendo una posizione netta, ma di certo mi chiedo se valga la pena devastare l’ambiente, e gli esseri umani, solo per avere un ritmo di vita un po’ più accelerato”. Non parla – come sembrerebbe – di No Tav, Stefano Chiantini, ma di “centomila piccole situazioni che hanno un simile impatto, ma su un numero inferiore di persone” nel suo film Storie sospese, titolo di preapertura delle Giornate degli Autori prodotto da Faso Film in collaborazione con Rai Cinema. Proiettato al Cinema Astra di Venezia Lido e in sala dal 3 settembre con Pablo, il nuovo lavoro del regista aquilano si concentra su un lavoro poco conosciuto – quello dei rocciatori che mettono in sicurezza le pareti di montagna – per poi allargare il discorso al tentativo di coniugare i vantaggi dati dalle nuove infrastrutture con il rispetto dell’ambiente e della cittadinanza.

Il suo “eroe” è Thomas, interpretato da Marco Giallini, esperto scalatore e padre di famiglia che viene ingaggiato – con l’inesperto geologo Alessandro (Alessandro Tiberi) – per mettere in sicurezza le pareti rocciose in occasione dello scavo di un tunnel autostradale in un paesino abruzzese di qualche decina di abitanti, dove però i lavori sembrano provocare danni alle abitazioni e alla montagna stessa. Spaventati dalle tante crepe che si aprono nei muri delle case e arrabbiati contro un progetto che non condividono, alcuni cittadini creano un movimento di protesta contro i lavori. Tra questi ci sono la maestra Giovanna (Maya Sansa) e il geometra Bucci (Giorgio Colangeli). “L’idea per questa storia – ha spiegato Chiantini – mi è venuta quando ho conosciuto un rocciatore che mi ha raccontato di questo lavoro duro e pericoloso, ma affascinante. Pensavo che riguardasse la tutela dell’ambiente, ma poi ho capito che c’era dell’altro e durante le mie ricerche sono venuto a conoscenza della storia di Ripoli (alla cui cittadinanza il film è dedicato, NdR.), un paesino dell’Appennino emiliano interessato dai lavori di un’autostrada inaugurata da Renzi qualche mese fa. Lì gli indizi di frana hanno portato alla morte del paese”.

Per il ruolo dell’uomo che si confronta con la solitudine e la durezza della montagna, ma anche con le crisi di coscienza legate a un lavoro dalle conseguenze ambigue, Chiantini ha scelto Giallini per “la capacità di esprimere una grande umanità e perché, come il mio personaggio, viene da un ambiente proletario e popolare. E poi – aggiunge il regista – mi piaceva l’idea di farlo tornare a un ruolo drammatico dopo tante commedie”. Da parte sua, l’attore di Posti in piedi in paradiso sullo schermo sembra un rocciatore navigatissimo. “Ma prima di questo film la mia esperienza della montagna era pari a zero. Poi, per girarlo, ho fatto un corso con dei professionisti e, semplicemente, mi sono lanciato. Per il mio personaggio – aggiunge Giallini – ho ripensato a mio padre, che tra una sigaretta e l’altra, per decenni, ha fatto un lavoro di fatica tagliando mattoni nelle fornaci e respirando cose nocive. Ho riflettuto molto su cosa può arrivare a sopportare un uomo pur di lavorare”. La maestra ribelle ha preso il volto di Maya Sansa, invece, “a contrasto con il personaggio di Marco – dice Chiantini – visto che lei rappresenta il cinema d’autore. Ho voluto unire due personalità e due mondi diversi”. Per raccontare, anche, diverse attitudini nei confronti del potere, del “padrone”. “Nel film – osserva Sansa – i più preparati e i più colti sono quelli che hanno il coraggio di dire no”.

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