Storie di ordinaria follia, sul bus dell’Accademia


VENEZIA – Hanno dai 21 ai 32 anni i 6 registi esordienti del progetto “Premio Siae 2012 – Sandro D’Amico“, che ha prodotto un film collettivo di 38 minuti che concentra in sei storie di ordinaria follia metropolitana l’essenza di una città – Roma – e di un Paese – l’Italia. Si intitola 6 sull’autobus e viene presentato oggi tra gli eventi speciali dei Venice Days. E’ il frutto di un laboratorio didattico di regia – lungo oltre un anno – dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, che ha messo le telecamere in mano a Simone Dante Antonelli, Giacomo Bisordi, Rita De Donato, Irene Di Lelio, Antonio Ligas ed Emiliano Russo. Coordinati da Sergio Rubini, hanno deviato per una volta dal palcoscenico al grande schermo usando come attori alcuni tra i protagonisti del nostro cinema che in passato hanno studiato alla stessa scuola, tra cui Margherita Buy, Luigi Lo Cascio, Pino Quartullo, Maria Paiato, Claudio Bigagli e Simona Marchini.

 

La regola base era l’unità di luogo: tutto doveva svolgersi a bordo di un autobus capitolino. Per il resto, l’Accademia ha lasciato ai ragazzi assoluta libertà creativa: “Abbiamo girato per due settimane su una finta linea di bus – ha spiegato la coordinatrice Daniela Bortignoni – dopo che abbiamo scoperto che lavorare con l’Atac era troppo lento e complicato. Abbiamo affittato una linea privata che ci ha dato l’unità di luogo del racconto; poi ogni studente ha immaginato liberamente il suo racconto. E’ stato un grosso sforzo produttivo per una scuola”. I sei episodi affronatno questioni di genere e di razzismo, crisi dei sentimenti e crisi economica, criminalità e voglia di fuga all’estero. Ad esempio ne La busta, una donna aggredisce una passeggera nordafricana accusandola ingiustamente di averle rubato la busta della spesa, mentre nel Sagomatore il bus ci trasporta in un prossimo futuro, in cui le frontiere sono chiuse e fuori echeggiano spari e rumori di elicotteri: due ragazzi decidono di dirottare il mezzo pubblico per farsi portare a Berlino. Il minimo comun denominatore delle storie è di certo la diffidenza, il cinismo, la miseria metropolitana. “Negli ultimi anni Roma è peggiorata – dice una delle registe – Io che ci vivo, in una zona di passaggio come la stazione Termini ho paura, vado in giro stringendomi la borsa al petto. La città si sta riempiendo di marcio, ma soprattutto è bruttissima la diffidenza che ci allontana, anche perché i pregiudizi in base a cui agiamo sono spesso infondati”. Le fa eco il collega Simone Dante Antonelli, che sottolinea che c’è stata “la scelta di lasciare la città fuori, tant’è che i nostri personaggi non scendono mai dal bus. Ma anche così si percepisce Roma come una città allo sfascio. Nell’episodio Sagomatore si vede infatti una città militarizzata, come in effetti è oggi Roma”. Dopo la presentazione in laguna – e il workshop alla Pagoda sul progetto, coordinato da Andrea Purgatori, con Gaetano Blandini, Giorgio Gosetti, Giovanni Minoli, Lorenzo Salveti, Sergio Rubini – questo progetto collettivo di formazione dovrebbe essere mostrato nell’ambito della rassegna Venezia a Roma a piazza Vittorio, “e poi sarà proposto ad altri festival e alla Rai”, spiega la coordinatrice.

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03 Settembre 2012

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