STORIE D’ITALIA. IN DIGITALE


C’è un elemento comune nei tre documentari italiani, realizzati in digitale – La bomboniera di Filippo Ricci, I fuochi e la montagna di Luca Bellino, Paolo Buccieri ed Ella Pugliese e Andrea di Maria Paola Falqui, Francesca Ziccheddu e Andrea Oppo – che si vedranno giovedì pomeriggio al Teatro sperimentale/Sala video a partire dalle 15.00, presente l’autore del primo. Ed è l’assenza di una voce narrante, di un intervistatore/mediatore, di un commento fuori campo. C’è come la necessità di restituire una testimonianza il più possibile integra, non contaminata dalla società dello spettacolo. Siano le immagini e i loro soggetti/protagonisti a parlare, anche perché l’autore ha dalla sua il possesso del mezzo espressivo.
La bomboniera è il racconto di un fenomeno e di un genere musicale tutto racchiuso dentro i confini di Napoli e provincia: quello dei cantanti da cerimonia, perché un vero matrimonio partenopeo è tale se accompagnato dalle voci di Maria Nazionale o Mimmo Dani. La melodia è rimasta quella della vecchia canzone napoletana, rivisitata però secondo i ritmi del mercato musicale globale. Giovani e giovanissimi neo-melodici, chi con una solida preparazione di base e chi da autodidatta, ballano e cantano storie d’amore, di figli e madri, di interni familiari. Ma è anche uno straordinario giro d’affari che coinvolge impresari, compositori, parolieri, produttori di cd, concorsi per esordienti. L’autore del documentario ci porta di matrimonio in matrimonio, alla scoperta di una tradizione influenzata dai modelli televisivi.
I fuochi e la montagna è prodotto dal Dipartimento comunicazione letteraria e spettacolo dell’Università di Roma Tre, in collaborazione col Master in “Politiche dell’incontro, nuova cittadinanza e pratica dei diritti nei contesti migratori”. C’è un pezzo di Kurdistan nel Campo Boario dell’ex-Mattatoio di Roma che convive con i conducenti delle tipiche carrozzelle, ma anche con altri migranti come senegalesi e rom. Ci sono soprattutto la difesa della propria cultura e identità e la speranza di riscatto dopo anni di persecuzioni. La leggenda del fabbro Kawa, che guidò la ribellione del popolo curdo contro il tiranno che rubava i cervelli, è raccontata nella loro lingua collettivamente da giovani, donne e anziani. E intanto fervono i preparativi per il Newroz, il capodanno curdo che nel mito corrisponde al primo giorno di libertà conquistato da Kawa e festeggiato con un enorme falò. La preparazione del pane e della carne, i canti e i balli tipici, una mappa della propria terra dipinta sul selciato annunciano la grande festa popolare di oggi, in attesa di quella più grande di domani: “Quel giorno di sicuro verrà che io ritornerò, che noi ritorneremo”. Ma intanto la televisione rimanda immagini di cortei e scontri tra manifestanti curdi e polizia turca.
Anche il documentario Andrea è una non-intervista: “Non ci interessava il tradizionale botta e risposta, così abbiamo scartato questa struttura televisiva perché esplicativa”. I primi e primissimi piani, senza commento musicale, s’affidano alla testimonianza e al volto sofferto di Andrea Oppo, un giovane che a 27 anni, dopo un incidente in moto, diventa paraplegico. Dichiarato ufficialmente “matto” a 34 anni dopo un ricovero coatto, Andrea muore nel 2000 cadendo (suicidio?) dalle mura del Bastione di Cagliari. Ma chi era veramente Andrea, quella “testa calda” conosciuta da tutti i cagliaritani e della cui scomparsa la stampa locale riempie pagine e pagine? “Le sue eclatanti proteste in solitudine per l’abolizione delle barriere architettoniche nonché mentali, come quella di salire con la macchina sulla scalinata che porta alla questura della città, sono una guerriglia urbana arraffazzonata, spesso in disaccordo con le associazioni dei disabili – ricordano le autrici – Abbiamo voluto riscattarlo, far conoscere un Andrea diverso da quello pubblico, mostrare il confine labile tra normale e diverso”. La delusione di un lavoro senza senso, la burocrazia alienante, la medicina lontana dai diritti del malato, una città invivibile per i disabili, rappresentano le giuste ragioni della rabbia e della disperazione di questo solitario ribelle, che verrà etichettato come persona che necessita il trattamento psichiatrico obbligato: diverso tra i diversi.

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