A Cannes un italiano ci sarà. Nella solita bufera di partecipazioni annunciate, smentite, probabili e da verificare, almeno un nome è sicuro già da oggi. Stefano Pasetto, classe 1970, porterà alla Croisette il suo cortometraggio Sorelle, vincitore del premio Kodak Showcase all’ultimo Festival di Torino. E’ la storia di una donna che vive in modo isterico la morte della sua gemella, e continua a comportarsi come se lei esistesse ancora. Un’ossessione dalla quale si libererà soltanto con la morte.
Per Pasetto, la partecipazione a Cannes arriva al suo terzo cortometraggio, dopo una laurea in Lettere, il trienno della Scuola Nazionale di Cinema e qualche mese di studio a Londra. Ora tra un progetto e l’altro, sta lavorando a un documentario sull’Accademia Nazionale di danza.
Che cosa ti aspetti da questo approdo a Cannes?
E’ difficile da dire. Cannes, come Venezia, è un festival in cui tutta l’attenzione è concentrata sui lungometraggi, per cui è meglio non crearsi troppe aspettative. Ma già esserci arrivati è un buon risultato.
Non speri che una vetrina del genere possa aiutarti a fare il grande salto, dai corti ai lungometraggi?
Adesso ho un paio di sceneggiature che girano di mano in mano tra diversi produttori e sto aspettando qualche risposta più concreta di rassicuranti strette di mano. Ma in Italia è difficile riuscire a imporsi soltanto con la forza dei propri cortometraggi.
Allora è un falso mito quello che i cortometraggi sono un’ottima palestra per gli aspiranti registi?
In Italia i corti sono soltanto un divertimento per bambini ricchi. Manca il mercato e la visibilità giusta per fare di questo genere una scuola vera e un’occasione importante. Più che altro sono una tappa obbligata: generalmente si fa un cortometraggio e si spera che quello funzioni come biglietto da visita.
Tu invece ne hai girati tre e tutti si sono fatti notare nei festival di mezza Europa, dalla Germania al London Filmfest…
Di idee ne avrei molte, ma visti i rapporti tra costi e benefici è meglio tenersele strette. Sorelle, ad esempio, mi è costato diciotto milioni. Non sono vezzi che uno si può concedere con troppa frequenza.
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