STEFANO CASSETTI


Un incontro fortuito in un ristorante di Parigi, un foglietto in tasca con il numero di telefono di una casting e Stefano Cassetti, designer di origine bresciana, è diventato Roberto Succo, protagonista nel film omonimo di Cedric Kahn. Il film, ispirato alla cronaca nera degli anni ’80, sarà nelle sale dal 23 agosto dopo essere stato in concorso a Cannes nel 2001.
Cassetti, insieme a Isild Le Besco e Patrick Dell’Isola, interpreta il serial killer che nel 1981 iniziò la carneficina con l’omicidio dei suoi genitori, dopo che si erano rifiutati di prestargli la macchina. Succo, andando in giro tra la Savoia e il sud della Francia, continuò ad ammazzare ogni volta che si sentì aggredito. Con questo ruolo Cassetti, pur esordiente, ha sfiorato la Palma d’Oro per la migliore interpretazione maschile ed è stato nominato ai César di quest’anno. Ad ogni modo continua a fare il designer. “Conosco tanti attori che passano otto mesi l’anno aspettando che qualcuno li chiami per un provino. Io non potrei mai vivere così. Preferisco mantenere il mio lavoro e poi tenere la recitazione come passione. Mi dà maggiore equilibrio”, racconta Cassetti. Intanto ad agosto lavorerà in Michel Vaillant, film diretto da Louis-Pascal Couvelaire e prodotto da Luc Besson, ispirato all’omonimo fumetto francese nato nel 1957 creato da Jean Graton. Roberto Succo uscirà nella sale italiane, distribuito da Fandango, il 23 agosto prossimo.

Chi è Roberto Succo?
Un personaggio con dei picchi di violenza e dolcezza, un pazzo che agiva secondo regole illogiche. In alcuni momenti Roberto sfiora quasi la comicità.

Non deve essere stato facile affrontare questo personaggio?
Ho sofferto di più a dover confessare amore o piagnucolare che a esprimere violenza. Ciò nonostante non sono un violento.

Che indicazioni le ha dato il regista?
Mi ha chiesto di non riflettere tanto sulla psicologia di Roberto, mi ha infatti impedito di vedere le immagini di archivio su di lui e di leggere il libro di Koltès sulla vicenda. Non avendo elementi di paragone, ho lavorato sulla spontaneità della recitazione. Esattamente ciò che voleva Cédric. Un tipo di lavoro molto più interessante, ma ricordo che a metà delle riprese ero veramente stanco.

Roberto Succo è un personaggio assolutamente violento eppure c’è chi lo ha ricordato come una sorta di eroe.
Esisteva la brigata Succo, un’ala dello stadio di Mestre. Ma, appunto, si tratta di tifo da stadio. Quando mi hanno chiesto di assumere il ruolo di Roberto mi sono posto subito un problema d’ordine morale. Poi Cedric mi ha fatto capire che il suo fine ultimo era di restituire la realtà dei fatti, senza vittimizzare né mitizzare alcuno. In Francia l’appellativo più usato per questo film è “pellicola dal taglio documentaristico”.

Eppure il film creò reazioni sulla Croisette. La polizia francese protestò di fronte al Riviera.
La moglie di un poliziotto vittima di Roberto Succo, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano francese, ha detto che il film rendeva omaggio alle vittime. Le opinioni sono varie. Il cinema di Cedric Kahn rappresenta il contrario di ciò che fanno i registi americani. Kiarostami potrebbe essere considerato un suo precursore.

Quali altri progetti ha fra le mani oltre a “Michel Vaillant”?
Un noir per la regia di Mario Luraschi, il titolo è Bras d’honneur. E poi la scelta fra due ruoli, un transessuale o un rapitore, nel nuovo film di Bertrand Bonello (Le pornographe). Intanto sto incontrando un po’ di registi italiani fra cui Fiorella Infascelli.

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10 Luglio 2002

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