“Gli scienziati ci hanno messo meno a mappare il genoma umano di quanto non ci abbia messo io a finire la sceneggiatura!”. E’ così che dice a proposito del suo horror fanta-genetico Splice il regista Vincenzo Natali, già al timone di The Cube, autore canadese ma con un nome che tradisce evidenti tracce italiane nel suo DNA.
“Ho lavorato su questo film per più di dieci anni – continua Natali – Nel 2000 ho dedicato un anno intero al progetto e allo storyboard, ed ero pronto a girare. Poi, all’ultimo minuto, il produttore mi ha detto che era troppo costoso. Ho pensato che il film non avrebbe mai visto la luce, che io ero troppo ambizioso e in pochi erano pronti ad assumersi il rischio di un film come questo.”
Ed è in effetti un film difficile, Splice, perché come la sua protagonista Dren, ambiguo mix di cromosomi umani e animali, è un prodotto ibrido: per metà riflessione semiseria sul delicato rapporto tra etica e scienza, per metà B-Movie “creature feature”, anche divertente se vogliamo, con abbondanti dosi di crudezza fisica e psicologica. Di contorno, crisi di coppia, rapporti malsani e incestuosi, con i relativi complessi – Edipo, Elettra – bisessualità ed ermafroditismo a gogò. E il finale, manco a dirlo, è da tragedia greca.
Non è un caso che a portarlo in Italia, dopo un po’ di tribolazioni – il film è del 2009 – sia la coraggiosa Videa C.D.E. di Sandro Parenzo, che già si è distinta lo scorso maggio per aver dato distribuzione nel belpaese a un’altra pellicola non facilmente etichettabile, ma certamente degna di nota, l’apocalittico The Road.
Altro nome importante coinvolto nel progetto è quello, in veste di produttore, di Guillermo del Toro, regista – tra gli altri del Labirinto del fauno e della serie Hellboy – la cui mano si può riconoscere nel look androgino e morbosamente seducente della “creatura”.
“Guillermo è un grande impresario dell’horror e del fantasy – dice a proposito Natali – L’ho incontrato a un festival e mi ha detto: ‘Sai, mi piacerebbe produrre uno dei tuoi film’. Ho subito pensato a Splice. Non ho osato dirglielo allora, ma un altro produttore, Don Murphy, gli ha fatto avere la sceneggiatura”. Si è poi aggiunta la Gaumont, per cui la produzione è franco-canadese.
Nel cast, oltre alla bella Delphine Chaneac irriconoscibile sotto il pesante trucco di Dren – un po’ tradizionale e un po’ digitale – ci sono Sarah Polley e Adrien Brody, che rivediamo in veste ‘intellettuale’ dopo l’exploit muscolare di Predators.
“Delphine è una donna bellissima con qualcosa di androgino che rende il suo aspetto non esattamente umano – specifica ancora il regista – Nella mia testa Dren è il prossimo gradino della scala evolutiva. Volevo che fosse amata sia dagli uomini che dalle donne. E che tutti si sentissero colpevoli in qualche modo”.
Il film sarà in sala a partire dal 13 agosto.
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