La valigia da chiudere, pronta a essere imbarcata con sé nelle prossime ore, direzione Italia, questa la fotografia che Paolo Sorrentino, in collegamento streaming da Los Angeles con la stampa italiana, restituisce famigliarmente di sé dopo la Notte degli Oscar, da cui è reduce e che commenta spiegando: “ho fatto tardi perché ho portato mio figlio a una festa privata, di un produttore discografico, con musicisti a me sconosciuti, ma che lui conosce, però mi sono divertito”.
Cercando di riportarlo ulteriormente indietro nel tempo della Notte, a quando era all’interno del Dolby Theatre, per conoscere la versione “dal vivo” dell’ormai “storico” schiaffo di Will Smith al comico Chris Rock, Sorrentino si ribadisce informale e racconta: “in quel momento avevo scovato un delizioso angoletto in cui fumare, per cui non ho visto: ma… mi faccio i fatti miei, non si interviene negli schiaffi degli altri”.
Non è deluso della “sconfitta” di non aver vinto la Statuetta, per cui quest’anno concorreva come Miglior Film Straniero con È stata la mano di Dio – otto anni dopo quella conquistata per La grande bellezza – e lo spiega citando Robert Louis Stevenson: “Il nostro compito al mondo non è di avere successo, ma fallire nelle migliori condizioni di spirito possibile (‘spirito allegro’ la citazione precisa, ndr)” dice il regista, che a proposito chiosa aggiungendo: “Sono più a mio agio col fallimento!”.
E, interpellato sul sentiment di chi approda alla cinquina spiega: “Qui tutti vivono la cinquina come una vittoria e non ci si lamenta di non vincere, per me è stato meraviglioso tutto il cammino del film. Qui interessa essere nei cinque perché ha un prestigio, entrare in cinquina significa poter porre condizioni per il progetto successivo. Io inseguo le belle storie e dove le troverò le farò, che sia in Italia o negli Stati Uniti. Il progetto principale è riposare, non mi sto occupando del prossimo film, dopo 6/7 mesi di campagna qui sono contentissimo di essere arrivato in cinquina: il mio doveva essere un piccolo film, che ha fatto molto di più di quello che doveva fare”. E per il futuro: “È in piedi qualsiasi cosa (non solo Mob Girl con Jennifer Lawrence), aspettiamo si aprano finestre, per ora non ho tutta la fretta di tornare a fare un film, penso sia più intelligente fare i film con calma e diradare le presenze”.
È stato il film di Ryusuke Hamaguchi a conquistare la categoria in cui era nominato anche il film italiano e Sorrentino dice: “Io avevo capito da qualche mese che non c’erano speranze per il (mio) film, conosco un po’ la procedura di entusiasmo intorno a un film, per altro Drive My Car è bellissimo. Coda? Non mi fate fare il critico, mi piace parlare dei film che mi travolgono. Comunque, a me è molto piaciuto il film di Paul Thomas Anderson, è il film a cui avrei dato l’Oscar”.
Un Oscar che, appunto, lui stesso però sa cosa significhi assaporare, come accadde nel 2015. E ricorda: “La prima volta stai a bocca aperta, carico di meraviglia, questa volta ho colto di più i lati ironici, con un distacco e una capacità di ‘prendere in giro’. Ecco, Filippo (Scotti) è una ventata di divertimento, osservare come lui si muove in quel mondo mi ha divertito molto, con grande velocità. La pandemia mi sembra che… un po’ abbia inciso, il tutto era meno efficace, meno attrattivo, anche se non so per quali ragioni esattamente, ma rispetto al mio termine di paragone di 8 anni fa mi è sembrata un’edizione sottotono, ma mi pare fisiologico per quello che il cinema e tutte le altre attività hanno subito in questo periodo. Però io sono entusiasta, ho fatto presentazioni del mio film con grandi colleghi – Cuarón, Schnabel, etc – che hanno portato avanti il mio film: sono stati sei mesi in cui anche Netflix si è impegnata con grande determinazione” anche se, in senso più assoluto, “uno sta nel gioco e gioca ma non era il momento ideale, per me, per andare agli Oscar: da europeo, io, la guerra la sento di più vicina, perché la guerra è anche una questione di distanze, per questo io, e altri, avevamo indosso una coccarda per l’Ucraina, una cosa doverosa; a malapena riesco a parlare di cinema, per cui non mi addentro nel discorso, ma da cittadino sono contro la guerra, trovo sia superata dalla Storia, trovo paradossale si stia facendo”.
Tornando al suo film, e alla recente fotografia postata con la sua mamma, riflette: “I film durano tanto, nella testa e nella vita di chi li fa, e per me l’avventura del film è finita ieri: è ovvio che il film continui, e il suo percorso principale l’ha fatto egregiamente, ma la foto era un modo per mettere un punto e andare avanti, verso il futuro” e per ora “chiudo con voi e faccio la valigia”.
Infine, Paolo Sorrentino saluta la stampa italiana con una riflessione sul politicamente corretto, per cui ammette che “per la libertà artistica è un po’ un fardello, ma in che misura incida sui premi statunitensi, che conosco in maniera non continuativa, non so: finora i film fatti da me in lingua inglese li ho fatti con un sistema italiano e europeo. Il politicamente corretto per l’arte è un problema, l’arte migliore nasce da un intento di scorrettezza“.
Gli altri 4 titoli in lizza per la statuetta, nella categoria in cui era selezionato il film di Paolo Sorrentino, erano:
Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi – vincitore
La persona peggiore del mondo di Joachim Trier
Flee di Jonas Poher Rasmussen
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