Soko: “La mia Loïe Fuller, una grande femminista”

La cantante e attrice francese ha presentato al Biografilm "Io danzerò"


BOLOGNA – “Tu non sei una da ruoli secondari, scriverò questo film per te”. Così è iniziata l’avventura di Soko, nome d’arte di Stéphanie Sokolinski, cantante e attrice francese di padre polacco, nei panni della pioniera della danza moderna Loïe Fuller, di cui Stéphanie Di Giusto ha ricostruito la parabola artistica ed esistenziale nel film Io danzerò, passato lo scorso anno al Certain Regard di Cannes e nelle nostre sale dal 15 giugno con I Wonder Pictures. L’attrice trentunenne, arrivata al successo grazie a una canzone che ha spopolato online e insistentemente sotto i riflettori da quando ebbe una relazione sentimentale con Kristen Stewart, si è immersa anima e corpo nella vita dell’inventrice della Serpentine Dance, che agli inizi del ‘900 rivoluzionò l’idea della danza sfruttando giochi di luce, colori e lunghe stoffe avvolgenti. Nel film si racconta anche il suo fatale incontro con Isadora Duncan, interpretata da Lily-Rose Depp.

Perché ha deciso di accettare questo ruolo?
Perché quando 8 anni fa ho incontrato Stéphanie Di Giusto ho creduto subito in lei: aveva una grande determinazione, una forza che la rendeva simile a Loïe Fuller. Mi disse che avrebbe scritto il ruolo per me e sono stata molto fortunata, perché mi ha offerto un personaggio ricco e complesso di cui prima ignoravo l’esistenza. Era una sfida: dovevo rendere omaggio, con un film, a una donna che aveva sempre rifiutato di essere filmata, dovevo evitare di imitarla e basta, sapendo che lei ha sofferto tutta la vita del fatto di avere molte imitatrici. Spero che sarebbe fiera di me.

E’ stato anche un importante impegno fisico, con dei costumi molto pesanti…
Abbiamo vinto un César per i costumi di Io danzerò. C’erano diversi vestiti per le scene di danza, per quello principale sono stati necessari 140 metri di stoffa, era pesantissimo ed era faticoso anche solo tenerlo in mano, ma non ho voluto controfigure. Stéphanie me l’aveva proposto, ma dovevo sperimentare la fatica, sentire la puzza del mio sudore nel vestito e provare l’esperienza sul mio corpo, non potevo fare finta. MI sono allenata sette ore al giorno per due mesi, mi svegliavo piena di dolori.

Che rapporto aveva con la danza prima del film?
Quando ho iniziato non aveva nessuna esperienza nella danza, se non quella fatta da bambina, quando sembravo un piccolo ippopotamo che si agitava, ero goffa e poco aggraziata. E poi subito prima di Io danzerò ho fatto un film in cui interpretavo una ragazza soldato di ritorno dall’Afganistan. Era un ruolo molto forte, violento e mascolino, dalla cui pelle sono dovuta uscire repentinamente per diventare Loïe Fuller e cercare movimenti femminili, leggiadri.

Loïe Fuller era un’icona del suo tempo, quali sono secondo lei le icone di oggi?
Bjork e Madonna. Ce ne sono anche altre, ma loro due portano avanti da sole il loro spettacolo. Sono diverse tra loro, ma entrambe hanno inventato qualcosa di nuovo. Madonna ha visto il film e ha detto che era la sua vita, così come io penso che sia la mia vita, il che non significa che sia stato facile interpretare questo ruolo.

Al centro di Io danzerò c’è anche l’idea del sacrificio per l’arte: è qualcosa che conosce?
Molto bene, perché lo faccio tutti i giorni, non ho più una vita personale, non faccio altro che lavorare. Ho fatto venire i miei genitori qui a Bologna per quattro giorni perché era da troppo tempo che non ci vedevamo. Potrei dire che sono la rappresentazione vivente del sacrificio per l’arte. 

Il film racconta anche come Loïe Fuller fosse molto libera, senza schemi, impossibile da etichettare, anche in campo sessuale…
E’ stata anche una grande femminista che si sentiva a suo agio con la propria sessualità. Le cose oggi sono cambiate, c’è una maggiore libertà di genere e io per prima credo fermamente che non si debbano distinguere le persone secondo il genere, per me esistono degli esseri umani buoni o cattivi, a prescindere dall’orientamento sessuale. Sono anche convinta, come lo era Loïe, che si debba amare a prescindere dal genere. Inoltre lei rifiutava di essere etichettata, non voleva essere definita una ballerina, ma un’artista a 360 gradi, una performer, infatti si è inventata la danza, i costumi, le scene, le luci. Anch’io voglio essere così, oggi faccio musica, ma voglio anche dirigere i miei video, magari un film e disegnare capi di abbigliamento.

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10 Giugno 2017

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