Skolimowski, la morte in 11 minuti

Un esercizio di stile dal cineasta polacco che vinse il Leone d'argento con Essential Killing nel 2010: le microstorie di tanti personaggi convergono verso la catastrofe


VENEZIA – “Ecco la mia risposta all’action movie di Hollywood”. Parola del polacco Jerzy Skolimowski, classe 1938, autore di film come La nave faro e Moonlighting, ora in concorso a Venezia con 11 Minutes, un esercizio di stile dai toni di thriller e dallo stile anfetaminico e traballante, tipico dell’uso intensivo della camera a mano, della frammentazione dell’immagine, dell’uso di vari supporti. Vincitore del Leone d’argento e del premio al migliore attore (Vincent Gallo) per Essential Killing del 2010, stavolta frammenta la narrazione in un rivolo di piccole storie che convergono come in un fiume carsico nel finale spettacolare e millimetrico. Impossibile elencare tutti i personaggi – sono tantissimi e spesso poco interessanti – tra questi un uomo geloso che si è appena sposato con un’attrice bella e disinibita, il produttore americano che deve farle un provino “privato” nella sua camera d’albergo, un gruppo di suore affamate, uno spacciatore cocainomane che il giorno dopo deve sposarsi, suo padre, ex galeotto venditore di hot dog, uno studente che vuole rapinare il banco dei pegni, un lavavetri di grattacieli e la sua fidanzata, che fa l’attrice porno ma è anche appassionata di arrampicate, un disegnatore e altri personaggi metropolitani. Siamo in pieno centro di Varsavia contemporanea e una singolare concatenazione di eventi, tra le 17.00 e le 17.11, porterà le loro esistenze a convergere in un intreccio sofisticato che si intuisce fin da subito porterà al disastro. “Ci muoviamo su un terreno minato, camminiamo sull’orlo dell’abisso, dietro ogni angolo è in agguato l’imprevisto, l’inimmaginabile, il futuro vive solo nella nostra fantasia. Potrebbe finire tutto di colpo, nel modo che meno ci aspetteremmo”. 

Quanto allo stile, Skolimowski precisa che si sviluppa sul set. “Mi sono divertito a fare questo film con un grande gruppo di persone: il momento più doloroso è stato scrivere la sceneggiatura. Quando ho cominciato, avevo in mente solo questo finale, poi sono risalito a ritroso nella trama, cercando personaggi e situazioni che portassero in quel posto quelle persone”.

E ancora: ”Voglio mostrare la realtà, anche quei momenti che abitualmente vengono lasciati sul pavimento della sala montaggio. Voglio seguire i personaggi in tempo reale, voglio la verità in 24 fotogrammi al secondo”. Girato a Varsavia, perché “ci abito, era la scelta più comoda, ma la storia è universale, potrebbe essere ambientata altrove e in qualunque periodo”, con 8 milioni di euro di budget, 11 Minutes vuol essere  un avvertimento, perché tutto può succedere nei prossimi secondi: la vita è un tale tesoro che capiamo solo quando lo perdiamo. Questo è il messaggio del film, usiamo la vita nel modo migliore possibile finché siamo vivi”. Insomma, anche qui, come nello struggente diario di Laurie Anderson, Heart of a Dog, aleggia il fantasma della morte. 

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09 Settembre 2015

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