“Torno volentieri al Festival di Berlino dove sarò in concorso con Brucio nel vento, ci sono stato nell’86 con Giulia in ottobre, selezionato per il Forum. Spero in una buona accoglienza, dopo che Pane e tulipani ha superato in Germania l’incasso italiano”.
Silvio Soldini è fiducioso sulle chance del suo ultimo lavoro che uscirà nelle sale venerdì 18 gennaio, preceduto a Firenze, Bologna, Torino e Bari da anteprime con incasso devoluto a Emergency. Il film, una coproduzione italo-svizzera costata 8 miliardi, ha anche una versione originale sottotitolata, che si potrà vedere all’Anteo di Milano e al Nuovo Sacher di Roma.
A malincuore ha doppiato il film?
Non avevo voglia di farlo, avrei preferito lasciarlo in lingua ceca. Quello doppiato è infatti un altro film rispetto all’originale. Mi sono allora affidato alle voci di Fabrizio Gifuni, Licia Maglietta e Giuseppe Battiston, attori alle loro prime esperienze di doppiatori. Interpreti che mi davano il meno possibile l’impostazione del doppiaggio, riuscendo così a dare spazio alle emozioni vere accanto ai toni di voce. Il doppiaggio è sempre una scommessa, un doppiaggio poco accurato può distruggere un film. Purtroppo in Italia, a differenza dalla Francia per esempio, non c’è la consuetudine di distribuire la doppia versione.
I personaggi dei suoi film sono quasi sempre in fuga.
Direi piuttosto in viaggio. In viaggio verso un altro mondo, o meglio un’altra città, territorio o nazione dove poter ricostruire la propria vita. In fondo i protagonisti dei miei film sono sempre in crisi, a parte il personaggio femminile di Pane e tulipani, e per loro lo spostamento significa ricercare e trovare altro. E torna in Brucio nel vento il tema dell’esilio, dello sradicamento che già avevo affrontato in Un’anima divisa in due: l’essere nascosto, con un altro nome e un’altra identità, in un luogo dove nessuno sa chi tu sia.
Il libro si conclude con Line che torna con il marito e la figlia nel suo paese, Tobias che continua il suo lavoro alienante in fabbrica rinunciando al sogno di diventare scrittore. Un finale punitivo, ben diverso da quello di speranza e amore del film. Perché?
Io e la sceneggiatrice non volevamo aggiungere altro castigo a un personaggio che per tutta la storia è attraversato dal dolore. E’ l’unico cambiamento, per il resto il film è molto fedele al testo, a cominciare dalle voci fuori campo che sono identiche a quelle del libro. Il romanzo è in parte anche visionario, a volte si tratta di incubi e sogni, altre volte di invenzioni letterarie e poesie. E noi abbiamo cercato un modo per conservare e portare a galla questo filone onirico.
Che cosa l’ha affascinata del romanzo “Ieri” di Agota Kristof, una scrittrice ungherese esule dal ’56 in Svizzera?
Lo stile narrativo. Ho cercato di restituire con le immagini l’apparente semplicità, senza fronzoli, ma di grande forza della sua scrittura. E poi il personaggio di Tobias mi ha spinto a realizzare il mio primo film interamente dedicato a un protagonista maschile. Tobias è un uomo che brucia, che si lascia bruciare senza spegnersi, che non si arrende, che cerca e vuole altro: l’amore, la scrittura.
Si aspetta lo stesso successo di pubblico di “Pane e tulipani”?
Credo che per i produttori – Lionello Cerri e Luigi Musini – vada bene se Brucio nel vento incasserà la metà o i 2/3 di quanto ottenuto al botteghino da Pane e tulipani, un successo fuori dell’ordinario. La mia pellicola non è ostica, è una storia d’amore e di passione come non l’ho mai raccontata, una storia che chiede allo spettatore di lasciarsi andare alla poesia.
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