Prodotto da Albachiara, Amka Films e Mercury in associazione con Lumière & Co., arriverà sugli schermi a febbraio Agata e la tempesta il nuovo film di Silvio Soldini, ora in fase di montaggio. Al tandem Soldini e Doriana Leondeff, che da Le acrobate (1997) firma le sceneggiature, si è aggiunto lo scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo. Ispirato nel titolo da una poesia di Alda Merini, Agata e la tempesta racconta le vicende di 3 personaggi, buffi e profondi al tempo stesso, alla ricerca di una vita tutta da inventare.
Dopo il dramma di “Brucio nel vento” torna alla commedia?
Innanzitutto è un ritorno alla struttura corale de L’aria serena dell’ovest, ma con un altro piglio e tono. Quello della leggerezza di Pane e tulipani, nel quale convivono risata e momento drammaticamente forte. Agata e la tempesta è un film molto più dinamico, per stile di ripresa, per spostamenti continui da un luogo all’altro, da un personaggio all’altro, nonché narrativi.
Dal titolo si direbbe che il film narra solo la storia di Agata?
No, avevo l’esigenza di realizzare un film corale. Pane e tulipani e Brucio nel vento avevano un protagonista principale intorno alle cui vicende ruotavano tutti gli altri personaggi. Così ho lavorato su una struttura più aperta, ricca di personaggi, salti narrativi e spazi.
Al suo fianco torna Licia Maglietta?
Nei panni di Agata, una donna di più di 40 anni, di una certa cultura, colta in un momento emotivo particolare, e con un elemento ai limiti del surreale, quelle lampadine che fulmina a causa delle proprie emozioni. Sembra che tutto parta o arrivi da lei.
E ritroviamo Giuseppe Battiston?
E’ Romeo, il rappresentante d’abbigliamento che gira con la sua Volvo arancione per le strade dritte della pianura. E con il sogno di aprire un vivaio di trote. E attorno al suo sogno riesce a coinvolgere Agata e Gustavo, interpretato da Emilio Solfrizzi, l’architetto in fuga da una vita che non sente più sua. Diventano i suoi due fratelli.
Prima di girare, il lavoro d’improvvisazione e le prove con gli attori?
Come negli ultimi film, sono riuscito a fare due settimane di prove, con tutti gli interpreti e gli sceneggiatori. E’ un lavoro per me fondamentale. Mi serve capire che tipo di ‘musica’ ha una scena, verificare dialoghi e battute, a volte cambiare, improvvisare, iniziare a lavorare concretamente sui personaggi, controllare trucco e costumi…costruire una base comune da cui parte il lavoro sul set.
Perché Genova come luogo della storia?
In fondo scelgo sempre una città che non conosco, mi affascina scoprirle. E poi volevo una città sul mare, da cui lo sguardo potesse uscire verso l’azzurro, ma che rappresentasse quella vita cittadina che conosciamo, anche se vista in chiave non realistica.
E la Pianura padana?
Quella delle valli di Comacchio, dove vive Romeo. Un mondo fuori del tempo, in uno spazio sospeso, nel quale la cultura tradizionale riesce ancora a resistere.
Al suo fianco di nuovo il compositore Giovanni Venosta.
Questo è il sesto film che facciamo insieme e ogni volta è un’avventura diversa. In questo caso abbiamo in mente chitarre, percussioni, una fisarmonica…ma anche momenti di musica orchestrale. Sarà un film molto più ricco di musica rispetto ai miei precedenti: ci sono tre gruppi che suonano dal vivo e tante musiche che caratterizzano i molti ambienti in cui si svolge la storia.
Porterà “Agata e la tempesta” a Berlino o Cannes?
Preferirei, se fosse possibile, starmene sul set di un nuovo film piuttosto che accompagnare il mio film a Cannes o a Berlino. Partecipare a un festival è un po’ come entrare per 48 ore nella centrifuga di una lavatrice.
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