COURMAYEUR Veste insolita per Silvio Orlando tra le nevi di Courmayeur, dove è stato convocato come “giurato noir” insieme a Guido Caprino, Carlotta Natoli, Tito Topin e Angel Sala. Un’immersione da tre film al giorno, tutti abbastanza tosti, che però non scalfisce la sua ironia. Fresco reduce dal successo de La passione di Carlo Mazzacurati, Orlando sarà presto a teatro nel debutto tra le scene di Paolo Virzì nello spettacolo kolossal dal titolo Se non ci sono altre domande.
Qual è la sua esperienza di giurato, e quale il suo rapporto con il genere noir?
Sono stato giurato a Bellaria ed Annecy, e Marina Fabbri, una delle direttrici del Noir in Festival, mi invitava qui da diversi anni. Quest’anno, che ho avuto un autunno abbastanza tiepido, ho deciso di venire, anche per questa straordinaria situazione climatica: amo molto la neve. E poi probabilmente la stragrande maggioranza di questi film non li vedrei al cinema, anche perché, devo ammettere, non sono un appassionato del genere. Quindi ho l’occasione di dare uno sguardo dal buco della serratura di questi film, che di solito guardo con le mani che mi schermano gli occhi.
Che tipo di personaggio noir le piacerebbe fare?
Quella del Noir è una definizione abbastanza ampia, comprende molte cose. Mi piacerebbe fare un thriller, ma in Italia, in genere, si fa poco il genere, e penso che sia difficile che mi capiti. Forse la nuova generazione si sta approcciando senza tabù a questo genere. Ma di solito non mi pongo il problema su quale sia il genere di film che faccio, mi interessano gli esseri umani, le situazioni. E poi, in fondo, tutto il cinema è thrilling, tutto il cinema vive di un’attesa continua, di un senso di minaccio e di pericolo. Quello del noir è un codice che è diventato un po’ fine a se stesso, c’è un po’ di manierismo e si perde la capacità di raccontare l’essere umano.
A proposito di minaccia e di pericolo, il cinema italiano è in una situazione pericolosa…
E’ veramente una minaccia, siamo all’omicidio finale. Questo governo ha sempre vissuto in un ambiente ostile e probabilmente non abbiamo fatto nulla per levargli questo pensiero dalla testa, quindi se possono togliersi qualche sassolino dalle scarpe lo fanno. Ne fanno tante, una più, una meno.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Stiamo per approntare uno spettacolo teatrale dal titolo Se non ci sono altre domande, una regia e un testo nuovi di Paolo Virzì che debutta nella regia e nella drammaturgia teatrale a ridosso del premio Oscar. Io sono Michele Cozzolino, un impiegato medio dalla vita media che diventa improvvisamente protagonista di un evento pubblico in cui la sua biografia viene messa in piazza, alla mercé di un pubblico giudicante. E’ uno spettacolo particolare, l’unica porta attraverso la quale Paolo potesse entrare nel teatro, senza timore reverenziale, senza censure o autocensure. Per i normali standard teatrali è un kolossal, ci sono trenta attori di compagnia.
Si parlava di un suo esordio alla regia cinematografica, che ne è stato?
Per un attore, passare alla regia è quasi un passaggio obbligato, sembra che non basti mai ciò che stiamo facendo in quel momento, è la malattia del secolo. Anche un allenatore di calcio vuole diventare filosofo, e un attore non può fare solo l’attore perché sembra un mestiere da quattro soldi. Per avere un respiro diverso vai verso altri mestieri e io mi sono imbattuto in un progetto cinematografico da regista, che però per fortuna non è andato in porto. Non ho trovato la storia che mi giustificasse due anni di vita da sacrificare: se non l’ho fatto fino ai miei 53 anni, un motivo ci sarà.
Nanni Moretti sta completando il suo nuovo film Habemus Papam, ma lei non c’è…
No, non Habemus Silvio. E’ un film in cui non potevo essere, la media dei partecipanti è tra i 70 e gli 80 anni. A un certo punto c’è stato un contatto, anche se Nanni mi ha detto che non avevo l’età giusta per fare un cardinale e ha parlato di un personaggio che poteva essere adatto a me. Ma poi è sparito. Poi per fortuna ho saputo che la parte mia l’ha fatta un attore polacco, Jerzy Sthur. Quando ci sostituisce un attore polacco va sempre bene. Non possiamo nutrire invidia per gli attori polacchi.
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