SILVIO ORLANDO


Dal romanzo meno politico di Leonardo Sciascia (Il consiglio d’Egitto, 1963) Emidio Greco ha tratto un film dalla tensione ideologica e politica da tagliarsi con il coltello, soprattutto per i suoi riferimenti espliciti alla realtà odierna. Tutto ciò pur nell’ambientazione siciliana settecentesca. Tra riflessioni sull’impostura mediatica (il falso Consiglio d’Egitto scritto dal nulla dall’Abate Vella) e stilizzazione pirandelliana, Greco utilizza Sciascia per ritornare in Sicilia (Una storia semplice) e farne un’allegoria dei nostri tempi, ma con un taglio universale che è la vera chiave del film.
A farsi carico di questa visione è il protagonista Abate Vella, interpretato da Silvio Orlando, per la prima volta alle prese con un personaggio in costume. Equilibrato, simpatico e cinico, Vella approfitta della contingenza storica (il Viceré Caracciolo non ama particolarmente l’aristocrazia siciliana) per innalzare il suo status sociale e trarne vantaggi personali. In questa ascesa si ‘incontra’ idealmente con l’altro protagonista del film, l’avvocato Di Blasi (Tommaso Ragno), impegnato a portare in Sicilia la rivoluzione e l’ideologia francesi.

Dalla lettura del romanzo di Sciascia, l’Abate Vella sembrerebbe un fratacchione alto 1 e 80, panciuto. Mentre lei è di tutt’altra stazza… E’ vero, ma secondo Emidio ero comunque adatto alla parte. D’altronde ad un certo punto della carriera di un attore, esauritasi l’iniziale curiosità del pubblico e della critica, arriva un momento problematico in cui bisogna decidersi a fare il salto di qualità.

Come si è preparato per la sua prima prova in costume?
Ho affrontato la parte come un ‘muratore’, perché c’era la necessità di rendere vive le parole e i dialoghi del copione, difficilissimi. Non mi sono immerso in un monastero come fanno certi attori hollywoodiani, ma ho studiato a lungo, per mesi. Emidio è un intellettuale senza il senso di colpa di esserlo. Anzi, con l’orgoglio di raccontare una determinata storia con determinate parole. E a quelle parole non comuni, appunto, dovevo dare verosimiglianza.

Greco non è un regista della generazione con la quale lei è abituato a lavorare…
Un regista della mia generazione non sarebbe in grado di fare quello che ha fatto Emidio. E’ stata proprio questa la sfida.

Come è stato girare in Sicilia?
Girare in costume sotto il sole siciliano, a Palermo, dove a pochi metri dal set sfrecciano automobili e motorini e urlano venditori ambulanti, non è stato facile. Sembrava di essere a Manhattan nell’ora di punta.

Avete realizzato buona parte delle riprese in location reali. Come ha trovato Palermo?
Devo dirlo: è una città che possiede un patrimonio artistico straordinario, ma la maggior parte è in mano a famiglie aristocratiche in decadenza, che lo lasciano marcire. Bisognerebbe fare qualcosa sul serio.

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19 Marzo 2002

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