Tra le sette opere prime in competizione alla Settimana della Critica troviamo Le ultime cose l’esordio nel lungometraggio della 30enne Irene Dionisio, distribuito da Istituto Luce Cinecittà. Il film, una coproduzione Italia/Svizzera/Francia racconta tre semplici storie che si intrecciano al Banco dei pegni di Torino sulla sottile linea del debito morale alla ricerca del proprio riscatto. Sandra, giovane trans, è appena tornata in città nel tentativo di sfuggire al passato e ad un amore finito. Stefano, assunto da poco, si scontra con la dura realtà lavorativa e assiste ai miseri maneggi nel retroscena del Banco. Michele, pensionato, per ripagare un debito si ritrova invischiato nel traffico dei pegni. Un racconto corale sullo stare nel mondo al tempo della grande diseguaglianza.
“Un giorno, proprio mentre stavo iniziando a ragionare con Tempesta sul mio primo film, sono entrata nel Banco dei pegni e sono stata colpita dalla densità di significato e di vita che emana da questo ‘ufficio del debito’ – spiega la regista – Da tempo stavo investigando, prima per provenienza sociale e familiare, poi per studio l’importanza delle pressioni economiche sulla vita degli individui. Il Banco dei pegni è diventato per molti mesi il mio luogo d’osservazione, il campo di ricerca del mio film”. La Dionisio vuole così restituirci “un affresco tragico, ma al contempo grottesco, quasi comico nella sua fragile tenerezza”, quello di un luogo “metafora di una società basata sullo scontro eterno, ma più che mai attuale, tra debitore e creditore”.
In precedenza la regista ha diretto il documentario La fabbrica è piena (2012), girato alla Fiat Grandi Motori, lo storico stabilimento torinese che, mentre sta per essere demolito per lasciare spazio ad un centro commerciale, ospita al suo interno una coppia di senza tetto rumeni – moderni eroi beckettiani – e un silenzioso veterano della fabbrica abbandonata, soprannominato l’amministratore delegato.
I 7 titoli della SIC sono stati selezionati tra gli oltre 500 iscritti,”all’insegna del ‘piacere filmico’ i cui elementi fondanti sono il rischio e lo stupore”, sottolinea il neo delegato generale Giona A. Nazzaro (al suo fianco Luigi Abiusi, Alberto Anile, Beatrice Fiorentino e Massimo Tria) con “la determinazione rosselliniana a stare nel presente, a non cedere né a nostalgie né a mitologie”. Dunque il cinema di oggi, nella sua imprevedibilità.
In gara ci sono: The Last of Us di Ala Eddine Slim (Tunisia, Quatar, UAE, Libano), film che parte dai migranti per diventare un apologo filosofico e visionario sullo smarrimento nel mondo; Drum di Kaywan Karimi (Francia, Iran), noir urbano e notturno, girato a Teheran da un regista che non sarà al Lido perché condannato a un anno di carcere e a 223 frustate per “offesa alla sacralità islamica”; Jours de France di Jérome Reybaud (Francia), un road movie seguendo le rotte erotiche di Grindr, un’app di incontri per smartphone; Los nadie di Juan Sebastian Mesa (Colombia), film punk in bianco e nero su un gruppo di giovani artisti di strada, ribelli senza causa a Medellin; Prank di Vincent Biron (Canada), racconto di formazione divertente e crudele; Singing in Graveyards di Bradley Liew (Malesia, Filippine), ritratto dolceamaro delle Filippine e delle sue contraddizioni, attraverso una leggenda del rock del paese.
Eventi speciali, fuori concorso, sono: in apertura Prevenge di Alice Lowe (Regno Unito), una riflessione sulla politica del gender rivisitando il genere thriller; e in chiusura Are We Not Cats di Xander Robin (Usa),una surreale favola post- punk.
Giona A. Nazzaro ci tiene inoltre alla novità da lui introdotta, SIC@SIC Short Italian Cinema@Settima Internazionale della Critica che presenta in collaborazione con Luce Cinecittà 7 corti italiani (max. 20 minuti), scelti tra 80 candidati, “gesti di cinema di persone che hanno necessità e bisogno proprio del cinema per esprimersi, tra cui 5 donne autrici”. Carla Cattani (Luce Cinecittà Promozione del cinema contemporaneo) spiega che il progetto intende accorciare, per i giovani registi, il tempo di realizzazione dell’opera prima. Leggi anche: Bellocchio e i nuovi talenti del corto per la Sic
I film della Sic concorrono al Leone del Futuro–Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis e 100mila USD, messi a disposizione da Filmauro, che saranno suddivisi in parti uguali tra il regista e il produttore. Il premio è assegnato alla migliore opera prima tra quelle presentate nelle diverse sezioni competitive della Mostra (Selezione Ufficiale e Sezioni Autonome e Parallele).
Inoltre le sette opere prime della SIC concorrono al Premio del pubblico-Circolo del Cinema di Verona, consistente in 5mila euro offerti dal Circolo del Cinema di Verona, e al Premio Mario Serandrei-Hotel Saturnia per il miglior contributo tecnico.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"