Sergio Rubini: “Scamarcio? E’ il mio doppio”


Scamarcio per adulti, il mitico Step in un film serio, un thriller ambientato nel mondo cinico, ovattato e iperlussuoso dell’arte contemporanea. Succede in Colpo d’occhio di Sergio Rubini, prodotto da Cattleya con Rai Cinema, nelle sale da venerdì il 420 copie. L’attore di Tre metri sopra il cielo, idolo di tante adolescenti, è uno scultore di talento che s’innamora della giovane amante di un potentissimo critico d’arte, il professor Lulli. Mefistofelico e suadente, Lulli può costruire una carriera in poche ore, portando un’opera alla Biennale o in qualche esclusiva galleria berlinese, organizzare una personale sotto i riflettori mediatici e far lievitare le quotazioni, ma anche smontare tutto il castello di carte in un soffio. Riccardo Tozzi chiede di non rivelare troppo del film, che pur non essendo un vero e proprio giallo, contiene un delitto, ma soprattutto una rete di manipolazioni e malintesi. “Abbiamo anche girato un finto finale per coprire quello vero ed evitare che uscissero foto o anticipazioni”, racconta il produttore. Accanto a Scamarcio e Rubini, nel ruolo della donna contesa, che si chiama non a caso Gloria, c’è Vittoria Puccini, che fu proprio il regista pugliese a lanciare, quasi dieci anni fa, in Tutto l’amore che c’è. Mentre l’arte dello scultore Gianni Dessì è al centro di molte scene. “Mi sono misurato creativamente con il cinema creando anche un’opera su commissione, come avveniva nel Rinascimento. Oggi quell’oggetto fa parte del mio corpus artistico a tutti gli effetti”.

Rubini, lei ha costruito uno Scamarcio inedito tentando la carta del film di genere, sofisticato e ambiguo.
Scamarcio è un attore che ha un’ambivalenza marcata: sembra un ragazzino ma anche un uomo in grado di interpretare un personaggio di un certo peso, diversamente dagli attori della mia generazione, che sono rimasti adolescenti fino a quarant’anni. Siamo entrambi pugliesi e lo conosco da tempo, gli avevo anche già fatto dei provini ma non c’era mai un ruolo adatto per questa sua ambiguità. Poi ho avuto l’idea giusta per renderlo una sorta di doppio. Il film è innanzittutto la storia della rivalità tra due uomini, uno più maturo, l’altro più giovane, uno intellettuale e razionale, l’altro istintivo.

Con Vittoria Puccini invece aveva già lavorato, anzi è la seconda volta che si spoglia in un suo film.
Vittoria è un’attrice dalla bellezza fredda, eterea e del tutto priva di volgarità. La sua nudità è veramente artistica e direi quasi spirituale. La prossima volta mi piacerebbe farle fare un maschio: forse ricorderete che Fellini, in L’intervista, cercava una donna per il ruolo del protagonista di “America” di Kafka.

Il conflitto è anche quello tra l’artista e il critico, che viene definito con disprezzo da uno dei personaggi con questa frase: se il vino è l’arte, il critico è il cameriere che la serve a tavola.
Credo che il rapporto tra l’artista e il critico sia conflittuale ma necessario. In fondo sono due presuntuosi che si respingono e si attraggono.

E’ un velato attacco anche ai critici di cinema?
No, non ci ho pensato e sinceramente mi auguro che non ci siano critici che odiano gli attori. Ma ricordo di aver visto un filmato in cui, all’uscita di una proiezione del Casanova di Fellini, Lello Bersani chiedeva un parere ai critici e questi si nascondevano, chi dietro un cappello, chi dietro un giornale, andandosene via. Non è una bella immagine.

Pensa che l’ambiente dell’arte contemporanea si sentirà additato come un mondo falso, vanesio e popolato da gente senza scrupoli?
Se il mondo dell’arte si infuria ci farà molto piacere.

 

Quella locandina con i volti dei protagonisti inquadrati in grandi forme triangolari è una citazione di “Arancia meccanica”?

No, ma se è per questo ho scoperto un paio di giorni fa che Colpo d’occhio in inglese si dice Eyes wide shut.

autore
17 Marzo 2008

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