I tre fratelli De Filippo – Eduardo, Peppino e Titina – raccontati come giovani di talento che rompono le convenzioni, come i Beatles. E’ questo il punto di vista di Sergio Rubini nel prendere di petto una delle storie fondative del teatro italiano. Ma anche una vicenda di ingiustizia e di riscatto, perché Eduardo Scarpetta, grande teatrante napoletano, padre dei tre, non volle mai riconoscere i figli naturali che non ebbero né il suo nome né i suoi soldi. Ma certamente ereditarono il talento del genitore.
Una vicenda che ha già ispirato Mario Martone in Qui rido io (in concorso a Venezia), ma che in questo caso si fa narrazione popolare e distesa: il film, prodotto dalla Pepito, doveva essere inizialmente una serie televisiva di cui conserva in parte la lunga durata (oltre due ore). E il regista sta già pensando a un seguito che porti la storia dei tre fratelli, con le liti e le rappacificazioni, fino al ’44.
Eduardo Scarpetta (qui interpretato da Giancarlo Giannini) è un padre padrone che ha una relazione con la nipote della moglie, Luisella De Filippo, e da lei ha avuto tre figli. Il più piccolo, Peppino, è cresciuto in campagna e faticherà sempre ad amalgamarsi con gli altri due, pur essendo legatissimo a loro. Rubini insiste molto anche sulla rivalità artistica tra il colto Eduardo, grande innovatore del teatro del Novecento, appassionato di Pirandello, e il più popolare Peppino, votato alla risata. I tre fratelli sono impersonati da tre giovani attori: Anna Ferraioli Ravel (Titina), Mario Autore (Eduardo) e Domenico Pirelli (Peppino)) mentre Biagio Izzo è l’erede legittimo Vincenzo Scarpetta.
“Li volevo raccontare come se fossero i Beatles, giovani, donnaioli, traditori come devono essere gli artisti, litigiosi, in una storia tutta italiana, una famiglia sgangherata che alla fine ce la fa”, spiega Rubini. Che precisa: “È una storia di riscatto e speranza, un messaggio positivo per tutti. Quella dei De Filippo è la vicenda di una ferita familiare che si trasforma in arte. E di tre giovani, che, unendo le forze, danno vita a un modo del tutto nuovo di raccontare la realtà con uno sguardo che arriva fino al futuro”.
Per quanto riguarda la scelta di Giannini nel ruolo di Scarpetta, spiega: “Ho subito pensato a uno Scarpetta come Mangiafuoco, un uomo capace di ferire, diventando la benzina del trio. Giannini era perfetto nel ruolo di un predatore erotico pieno di fascino”. Rubini racconta la genesi del progetto, che risale a sette anni fa. “Quando ero bambino mio papà mi portò al Teatro Piccinni di Bari a vedere Sabato, domenica e lunedì con Eduardo, è il mio primo ricordo del teatro. Mio padre aveva una filodrammatica e io stesso ho esordito a 14 anni con Natale in casa Cupiello. Ricordo che incontrai Peppino che mi disse che il testo era più suo che del fratello. Mi colpì questo signore 70enne che parlava male del fratello a dei ragazzini, compresi che la sua era una ferita aperta. Mi colpì anche leggere che da Palazzo Scarpetta un cameriere ogni giorno portava un vassoio di cibo alla famiglia De Filippo. Ho voluto approfondire e invece di raccontare dei personaggi da museo ho puntato su tre giovani spregiudicati che partono dalle retrovie per farsi strada grazie al talento e all’abnegazione”.
Rubini non gradisce il paragone con Qui rido io. “Sapevo che Martone stava facendo un film su Scarpetta e penso che anche lui sapesse di me, ma nessuno si è preoccupato. Io volevo raccontare la formazione e lo scioglimento del trio, di come questi tre fratelli, una volta raggiunto il successo, non siano stati in grado di sostenerlo. Una famiglia allargata negli anni ’30 era qualcosa di impossibile, un luogo di sofferenza. Peppino ha scritto un libro velenoso su questo, mentre Eduardo ha preferito affidare la sua ribellione a testi come Filumena Marturano“.
C’è anche molto di romanzesco nel film. “Sì, ma non ci sono falsificazioni. Abbiamo spostato degli eventi e riempito dei silenzi. Dopo il 1931 gli Scarpetta e i De Filippo non hanno più lavorato insieme, e i primi hanno vissuto un declino, nel ’36 Mimì Scarpetta chiese un prestito a Eduardo, mentre Vincenzo dovette sciogliere la compagnia”. E prosegue: “Eduardo è uno dei padri fondatori del neorealismo e ha ispirato personalità come Sam Shepard, David Mamet e Martin Scorsese. Ha sempre tradito: è andato a Milano, ha sposato un’americana, ma è tornato sempre a Napoli, per raccontarla e raccontare la famiglia”. E il regista pugliese sta già pensando a un sequel che racconti i tre fratelli fino al ’44.
I Fratelli De Filippo sarà in sala a Roma e Napoli, mentre nel resto d’Italia avrà un’uscita evento il 13, 14 e 15 dicembre, infine andrà in onda su Raiuno il 29 dicembre.
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