Il sipario si alza e va in scena la vita: con Chi lo sa? (Va savoir!) Jacques Rivette torna con un tocco deliziosamente swing a raccontare vicende che si intrecciano tra loro, tra passioni e desideri, vita e teatro. Da venerdì 10 maggio sarà nelle sale italiane la prima versione del film (quella di due ore e mezza, anche con sottotitoli), mentre a Parigi è già uscito Va savoir plus, tre ore e mezza di durata.
Distribuito da Mikado e prodotto da Pierre Grise Production, Chi lo sa? contiene già nel titolo la filosofia di Rivette. “E’ molto Nouvelle Vague – dice il protagonista maschile Sergio Castellitto – le cose per lui non si chiudono mai, non finiscono mai”.
L’attore italiano, presente a Cannes con L’ora di religione di Marco Bellocchio, veste i panni del regista della compagnia che si trova in tournée a Parigi con il Pirandello di Come tu mi vuoi. In Francia si apre il girotondo di relazioni tra i personaggi: Ugo, alla ricerca di un prezioso manoscritto di Goldoni mai messo in scena, conoscerà una conturbante biondina che si fa chiamare Do. La sua compagna francese, Camille (Jeanne Balibar), è la prima attrice della compagnia che tre anni prima aveva lasciato a Parigi un grande amore, Pierre (Jacques Bonnaffé) a sua volta fidanzato con un’insegnante di danza (Marianne Basler). Incontri, tormenti, inganni e furti: sulle note di Senza fine non poteva mancare il vero lieto fine. Il teatro si salva nella rappresentazione leggera e delicata della realtà.
Una nuova esperienza con il cinema francese e un universo piuttosto complesso dal punto di vista creativo.
Si, sono anni che lavoro in Francia dove ho fatto ormai 8 o 9 film; ho cominciato con uno sceneggiato televisivo in cui debuttava in tv Alain Delon e poi ho conosciuto Jacques Rivette. Sono state tutte esperienze molto belle e speciali, con lunghe pause tra l’una e l’altra dove non c’era coproduzione italiana, era totalmente francese.
Cosa ti è piaciuto del tuo personaggio?
Mi è piaciuto il grande, giovane regista di 73 anni, Jacques Rivette: ci siamo incontrati in un caffè e abbiamo parlato di tutto tranne che del film. Poi mi ha mandato l’idea, una ventina di pagine in tutto. Ho accettato perché con lui si lavora così, seguendo la lezione della Nouvelle Vague: nulla è precostituito, ogni idea viene messa in discussione. La stessa sceneggiatura (di due collaboratori storici di Rivette: Christine Laurent e Pascal Bonitzer) è stata scritta praticamente sul set. Io che interpreto la parte del regista teatrale mi sono dovuto occupare davvero della commedia di Pirandello. Si crea un clima molto bello e studentesco, da Maggio francese…
Parli di un modo “studentesco” di fare cinema?
Sì: gli artisti sono riportati a una versione dilettantesca nel senso del “piacere”, del divertirsi come attori. Anche con Bellocchio ho ritrovato questo modo di fare il mestiere: tu metti la tua esperienza e il film diventa grande per ciò che non sai. Rivette, a ogni fine scena, ripeteva: “Je ne sais pas”, quando da attore chiedevo quello che dovevo fare sul set diceva: “Je sais pas”. Questo è il suo manifesto, il film si fa insieme agli attori che non sono semplici pedine ma gli occhi e lo sguardo del film.
Che idea hai dei personaggi del film?
Non si capisce se stanno rendendo teatrale la loro vita o credibile il teatro che fanno: è una ronde di personaggi che si intrecciano. La vera messa in scena è la vita, in modo amabile e leggero: una leggerezza che non è superficialità ma la vera forma della profondità. Io avevo un’arma in più: sono italiano e l’accento diverso è uno strumento di simpatia, chi non parla bene la lingua ha una scappatoia in più.
Ormai ci siamo: non può mancare la domanda su Cannes. Cosa ti aspetti?
Non mi aspetto nulla, così mi proteggo dalle delusioni e lo leggo come uno straordinario terno al lotto. C’è da essere fieri solo per esserci arrivati, lo vivo in modo gioioso perché esserci è già un successo.
Comunque, è un ottimo momento per la tua carriera: sei ovunque, in tv, al cinema, a teatro…
Mi inorridisce l’idea di essere l’attore del momento! Io sto raccogliendo i frutti di ciò che ho fatto e che mi piace, ho potuto scegliere e questo è più importante delle cose fatte in realtà. In tutte le mie esperienze ho scelto la qualità non il mezzo in sé: dopo Padre Pio in tv sono approdato al cinema con le riflessioni di un laico, questo per me è un successo. Non credo che per ora potrò tornare al teatro perché non ho più voce, mentre per la tv ho appena finito di girare Ferrari, che non sarà in onda prima di ottobre.
Stai pensando a un altro film tuo?
Si, Libero Burro è andato malissimo al botteghino ma adoro quella sua sgrammaticatura e quei difetti che mi hanno insegnato molto. Ora sto pensando alla sceneggiatura di un film tratto dal romanzo di mia moglie, Margaret Mazzantini, Non ti muovere.
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