Sergio Castellitto


S. CastellittoHo voluto realizzare un film reale non realistico, nel senso che nel realismo, di cui ho molto rispetto, cè tanta sociologia, ma spesso vengono mortificati i simboli. E la realtà è sempre molto ricca di segni, evoca”.

Sergio Castellitto regista per il suo secondo film Non ti muovere si è cimentato con il romanzo omonimo di Margaret Mazzantini, sua compagna di vita e vincitrice del Premio Strega 2002.

Non facile tramutare in immagini una storia dolente. Così come raccontare il segreto che Timoteo porta dentro di sé da tanti anni: il tragico amore intenso e viscerale tra lui, uomo borghese e dai sicuri affetti, e Italia, donna umiliata e offesa di periferia. E Castellitto s’affida alle capacità attoriali, le sue innanzitutto, e a quelle di un’irriconoscibile Penelope Cruz.

Al loro fianco Claudia Gerini, moglie e madre impeccabile.
Non ti muovere, prodotto da Cattleya in collaborazione con Medusa Film e la spagnola Alquimia, è costato 5,5 milioni di € e i diritti sono già stati venduti in Giappone, Francia e America Latina. Il film, per il quale Vasco Rossi ha scritto il brano Un senso, è stato distribuito a marzo in 200 copie da Medusa e ora partecipa al Certain Regard del 57mo Festival de Cannes.

 

Com’è stato il rapporto con il romanzo?
Ho pensato al film man mano che leggevo il libro di Margaret. Si trattava non solo di leggere, ma anche di guardare. E’ una storia di appuntamenti mancati per troppa fiducia in sé stessi. E stato faticosissimo fare questo film e nel contempo semplicissimo: è come se avessi riesumato cose che già sapevo.

Quali difficoltà ha incontrato durante la sceneggiatura?
La prima versione l’ho scritta da solo, Margaret è entrata nelle fasi successive. Non ho voluto usare l’espediente più scontato, quello della voce narrante. Non volevo raddoppiare, cioè fare l’illustrazione del racconto. Del resto il libro è un monologo raccontato. Il problema era come rappresentare il ritorno di Italia, e allora ho scelto una maniera iperreale: Italia è lì, le sue scarpe fanno ancora rumore. Chi è morto? L’uomo che guarda dalla finestra o…

 

P.Cruz, S.CastellittoTimoteo è un vigliacco?
Non è un personaggio così negativo, in fondo si autodenuncia, si autosmaschera, torna finalmente alla verità.
Non sei un eroe se non hai toccato il fango e il cammino di Timoteo riparte da quel fango, da quel crimine. I grandi personaggi sono sempre in salita. Credo che sia un ritratto azzeccato dell’uomo contemporaneo. Un uomo che ha perduto, per fortuna, la necessità di apparire sempre molto forte e l’ha sostituita con un atteggiamento di borghese codardia. Ma lo schiaffo del dolore gli ricorda che c’è un ultimo cassetto a destra…

 

E’ stato complicato trovare uno stile?
Ho cercato un equilibrio tra il mio modo di intendere il rigore e quello di ricompensare il pubblico con le emozioni. Volevo mettere corpi, anime, occhi, sguardi. Non ho mai avuto paura di fare un film sul dolore, purché non fosse punitivo. Ricordo che quando Margaret cominciò a scrivere il libro mi disse: Non so bene che storia sarà, ma una cosa è sicura Angela vivrà”. Larte insomma può farti passare mille pene, ma in qualche modo deve risarcirti.

 

Penelope Cruz si è rivelata un’attrice straordinaria.
Conosco le pigrizie, le angosce dell’attore. Questo risultato s’ottiene grazie non solo al talento ma alla generosità. Ho conosciuto attori formidabili, ma divorati da un egocentrismo che li uccideva. Penelope in questo film è straziante, è brava come Giulietta Masina, la sua è stata una lezione di umiltà e di professionismo. Il suo coraggio non è stato tanto imbruttirsi quanto costruire questa esistenza di miseria, ponendo fin dall’inizio una condizione: Voglio recitare a tutti i costi con la mia voce”.

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