Ci sono film che vanno assaporati, letteralmente. Capaci di sprigionare profumi e consistenze che rievocano le stesse sensazioni gustative e tattili provate assaggiando un piatto. Pietanze e film che lasciano in bocca uno stesso gusto, amaro, dolce, crudo o ruvido. Sapori e spessori comuni che rivelano come le sequenze dei film possano essere anche descritte attraverso le esperienze emotive evocate dai sensi della tavola. Come farlo ce lo insegna la Cinegustologia di Marco Lombardi, giornalista del Messaggero e docente di “Cinema ed enogastronomia” all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, che con le sue analisi ci offre l’occasione di scoprire in che modo è possibile abbinare pietanze e pellicole. Un’esperienza degustativa e insieme un metodo di critica cinematografica che mette da parte approcci razionali e categorie linguistiche per abbandonarsi alla memoria emotiva risvegliata dai sensi, per creare un codice interpretativo che mette in stretto rapporto cinema e gastronomia. Un sistema associativo in cui generi, correnti, registi e protagonisti, hanno tutti un raffronto diretto e profondo con pietanze, sapori e gusti.
Così una serata conviviale al Porto Fluviale di Roma, in cui la fantascienza è protagonista, rivela che un paté di fegatini con tartufo è fatto della stessa materia, ferrosa e quasi arrugginita, del sottosuolo cittadino di Metropolis (1927) in cui è relegata la classe di schiavi-operai. Un ambiente freddo e asciutto, saturo di materia, come può essere un crostino troppo cotto che ha perso la sua vitale componente acquosa. Il dualismo e la contaminazione tra mondo reale e virtualità di Matrix (1999) sono richiamati dalla complessità di un primo piatto di mezzemaniche ricoperto da una spuma di mentuccia, che al contatto con la pietanza si dissolve, non lasciando apparentemente alcuna traccia visiva di sé ma contaminando la pietanza con una persistente nota allusiva. Tocca poi alla consistenza friabile di un involucro di pasta sfoglia restituire tutta la fragilità, fisica e mentale, dei protagonisti di Gattaca (1997) costretti loro malgrado a fare i conti con le contraddizioni di un mondo che ritiene validi solo gli esseri dotati di un codice genetico perfetto. Allo stesso modo la fantascienza allusiva e metafisica di pellicole come Interstellar (2014), Gravity (2013) e 2001: Odissea nello spazio (1968) può avere la stessa acidità respingente di una crema allo yogurt e lo stesso animo poroso e poco rassicurante di un babà.
Prossimi appuntamenti con la Cinegustologia il 10 maggio, sempre al Porto Fluviale, con un evento gastronomico che esplora il genere dell’animazione; il 15 aprile a Villa Mercede (Frascati) dove si racconterà l’evolversi della relazione tra i protagonisti di Che ora è di Ettore Scola attraverso una serie di abbinamenti tra portate e vini; il 20 maggio all’hotel NH di Torino, in programma una degustazione cinegustologica dedicata alla commedia all’italiana. Un invito per tutti a provare a dissezionare pietanze e pellicole per liberarne la sostanza emotiva. Per scoprire magari che lo stomaco può arrivare per primo ad esprimere l’essenza di un film.
Per maggiori informazioni: www.cinegustologia.it
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