“Esiste un elemento psicologico forte che riguarda l’idea di poter essere autorevoli e comandare per le donne, un blocco dentro di noi. Bisogna spingere le giovani generazioni a superarlo, comunicare che le figure apicali sono a portata di mano. Pensiamo all’immagine che è stata data delle donne nei libri di storia o nella storia dell’arte, bisogna allargare lo sguardo e portare alla luce modelli diversi da quelli consueti”, lo ha affermato Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà, nel corso del panel organizzato a Palazzo Merulana, a Roma, nell’ambito di Visionarie, sul tema Pari opportunità nel cinema e nell’audiovisivo. “La parola le donne se la sono presa in letteratura e in sceneggiatura – ha continuato Sbarigia – ma devono stare anche dalla parte del fare, persino dei mestieri cosiddetti ‘pesanti’. Anticipo che porteremo una grandissima artista internazionale a Cinecittà”. E ha aggiunto: “Occorre un intervento deciso nel campo della formazione, bisogna comunicare ai giovani. Le storie delle donne non devono essere gentili o femminili o rispondere a qualche stereotipo. Cinecittà può fare molto, con investimenti sui documentari e sulla sperimentazione come servizio pubblico. Inoltre apriamo l’Archivio Luce alle fotografe”.
La seconda edizione di Visionarie, in programma venerdì 28 e sabato 29 gennaio, vuole offrire un panorama complesso e articolato di quanto le donne stanno facendo a tutti i livelli artistici e manageriali. Anche con una raccolta fondi per il diritto allo studio delle bambine afghane e per le artiste e gli artisti afghani. Il progetto, ideato e diretto da Giuliana Aliberti, ha coinvolto tante donne autorevoli, tra cui anche Marina Sereni, viceministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Sahraa Karimi, cineasta afghana e Visiting Professor del CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia; Costanza Quatriglio, direttrice artistica e coordinatrice didattica del corso di documentario del CSC di Palermo; Mara Matta, docente di Letterature Moderne del Sudest asiatico presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza e presidente del corso di laurea in Global Humanities della Sapienza,
Ad aprire i lavori della prima mattinata di convegni è stata Letizia Casuccio, direttrice generale di Coopculture, che ha sottolineato come nella sua azienda vi siano in pratica solo donne nei ruoli apicali e nel cda. Giuliana Aliberti ha introdotto invece la discussione con il dato preoccupante dell’uscita dal mondo del lavoro che ha riguardato molte donne durante la pandemia, specie nel Mezzogiorno. “La parità, che era prevista per il 2120, si è spostata al 2171. Troppo spesso alle donne viene tappata la bocca, ma il cinema può accelerare i cambiamenti sociali”. E ha ricordato come tra le sostenitrici di Visionarie vi siano Shirin Neshat, Liliana Cavani, Dacia Maraini, Lidia Ravera.
Monica Lucarelli, assessore alle Attività Produttive e Pari Opportunità del Comune di Roma, elenca dati sconfortanti sul protagonismo delle donne, specie le over 34, nell’audiovisivo. E solleva la questione del gender pay gap. “Spesso le donne sono in part time non per scelta ma per sostenere il carico familiare in assenza di strutture e servizi adeguati”.
Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction, parla della serialità come di un “mondo in evoluzione, vorticoso, effervescente, dinamico. Dal 2016 con lo streaming abbiamo una prospettiva internazionale. C’è molto da fare perché le registe sono il 18% e per colmare questo gap ci vorranno degli anni, ma non tantissimi perché si sta correndo. La scrittura oggi è appannaggio femminile. Negli anni ’80 erano pochissime le scrittrici, oggi il rapporto si è ribaltato, siamo quasi al 50%. Le sceneggiatrici sono molto richieste perché le donne sono più sedentarie, precise e affidabili. Le donne sanno fare gruppo, a differenza di quello che si dice”. E sulle strategie per favorire la parità, spiega: “Il servizio pubblico adotta due criteri: il monitoraggio della presenza delle donne e le quote, sia pure in modo informale per la fiction, mentre per le dirigenti, che sono più del 40%, c’è stata la quotazione. Per avere una donna detective ci è voluto molto tempo, ma ora siamo al 42% di protagoniste con personaggi di successo come Imma Tataranni, Mina Settembre, Blanca. E’ lì che si creano dei modelli e dunque bisogna stare attenti ai cliché, alle dinamiche, al linguaggio. Aprire lo spettro alla complessità del mondo femminile”.
Linda Laura Sabbadini, direttrice Istat, parla delle contraddizioni del nostro paese. “C’è forte ricchezza di esperienza femminile in tutte le professioni, ma dall’altro lato questo è un paese che fa di tutto per bloccare la creatività femminile. I dati sono gravi. Con la pandemia siamo tornati sotto al 50% di occupazione femminile e al 30% nel Sud. Siamo molto sotto la media europea, penultimi prima della Grecia e nella fascia tra i 25 e i 34 anni siamo ultimi. Il paese penalizza le risorse femminili. Ci sono problemi nell’accesso al lavoro, nella permanenza e nello sviluppo delle carriere. Il lavoro viene interrotto alla nascita dei figli. Ma penalizzanti sono anche l’assistenza agli anziani e ai disabili che si scarica solo sulle spalle delle donne. Il sostegno alle famiglie non veniva considerato un investimento ma un costo da tagliare. Occorre un cambiamento nel paradigma dell’organizzazione del lavoro, che attualmente segue un approccio maschile che non facilita la creatività femminile perché privilegia la quantità sulla qualità”. Maria Luisa Parmigiani, direttrice della Fondazione Unipolis, ricorda come “le donne sono meno portate a chiedere, aumenti di stipendio o benefit e si fidano più degli uomini della contrattazione collettiva”. Ma nella sua azienda le dirigenti guadagnano circa il 5% più degli uomini. “Occorre cambiare i role model”.
Celeste Costantino, coordinatrice dell’Osservatorio sulla parità di genere del MiC, spiega: “L’Osservatorio è nato il 24 novembre scorso, alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne. Non è una commissione pari opportunità né un sindacato. Lavoriamo sui dati nel vari settori artistici, all’inizio è importante tracciare il panorama. Il nostro lavoro coinvolge anche gli uomini, e sto trovando grande apertura e desiderio di colmare questo gap da parte loro. Spesso le donne stanno nella confort zone, scelgono un lavoro dietro le quinte, che non le espone. Avere autorevolezza dentro uno schema maschile che deve essere replicato per risultare credibile le penalizza. Bisogna ripensare completamente il modo in cui si sta al mondo, ma ci vuole anche maggiore coraggio da parte nostra, anche contro noi stesse. Se non ci aiutiamo noi, non ci aiuta veramente nessuno”.
Flavia Barca, consigliera dell’Osservatorio, aggiunge: “Associazioni e aziende non sono abituate a riflettere su se stesse in chiave di genere, questa pratica produce cambiamento in modo veloce. Bisogna presidiare l’investimento pubblico, pretendendo il controllo sul pay gap, le quote, dando punteggi alle produzioni che seguono i criteri. So che è un tema delicato e richiede una negoziazione con le imprese di settore. Le donne rispondono bene alle sfide dell’innovazione ma sono tuttora discriminate nel campo dell’intelligenza artificiale che nasce come maschile”.
Infine il produttore Riccardo Tozzi, unico uomo del panel, avverte: “I maschi, il potere, se lo vogliono tenere. Quindi bisogna prenderselo. In Italia siamo partiti da un punto bassissimo, la posizione della donna sul set cinematografico era insopportabile. In questi 10 o 12 anni la situazione è migliorata. L’audiovisivo è in enorme crescita e la crescita apre spazi. C’è un accesso sempre maggiore di giovani, un avvicinamento alla parità salariale, una presa di potere nel settore editoriale, non solo da parte delle sceneggiatrici, ma delle strutture di committenza delle tv generaliste e delle pay: molto del potere decisionale è in mano alle donne che decidono cosa si fa e chi lo fa. Maria Pia Ammirati, come Tinni Andreatta prima di lei, rappresenta una linea di potere fortissima nel campo del racconto nazionale televisivo che è un racconto di grande successo. In nessun paese i primi venti titoli sono nazionali, neanche in Francia. Le piattaforme di origine anglosassone sono molto avanti e impongono la cultura della parità nella scelta dei temi e dei talenti. Spesso hanno i diversity manager che vigilano sull’inclusione non solo di genere ma anche rispetto alle minoranze”. E annuncia: “Vorrei creare un think tank per riflettere sulle nuove forme di racconto. Penso che la narrazione abbia un impatto politico più forte del tax credit”.
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