Una classica storia di amore e odio godibile per il largo pubblico, gli evidenti rimandi alla vicenda privata e pubblica di Lady Diana, un’attrice del calibro di Keira Knightley accanto a Ralph Fiennes il terribile Lord Voldemort della saga di Harry Potter, una raffinata ricostruzione di costumi e ambienti d’epoca. C’erano tutti gli ingredienti perché un film come La Duchessa di Saul Dibb potesse aprire la Selezione ufficiale e invece è arrivato a Roma quasi in punta di piedi, assenti alcuni dei volti più spendibili sul red carpet.
Il film è tratto dal libro di successo di Amanda Foreman “Georgiana. Vita e passioni di una duchessa nell’Inghilterra del ‘700”. Cuore del romanzo una donna, realmente esistita, intelligente e affascinante, impegnata in politica e amica di ministri, un’antesignana delle donne emancipate, un’icona per la gente comune.
Ma anche una donna dalla tormentata vita privata, segnata da subito dal matrimonio con l’anaffettivo e spietato Duca del Devonshire e complicata dal tradimento della sua migliore amica divenuta l’amante del Duca nonché parte della famiglia. Il tutto in un contesto sociale e aristocratico dominato dal potere maschile dove le donne non contano pressoché nulla, se non per generare l’erede maschio che deve perpetuare la discendenza e il patrimonio del padre. Georgiana pagherà alla fine il duro prezzo di una donna che cerca di affermare la propria identità contro l’ipocrisia e le regole di comportamento della nobiltà.
Numerose le analogie della Duchessa con la vicenda personale di Lady Diana, peraltro già sapientemente affrontata in The Queen, che rendono le due figure con una loro tragicità. Ma il regista ci tiene a precisare di non aver voluto raccontare la storia della principessa attraverso quella di Georgiana: “Lady Diana è la discendente diretta della Duchessa, forse una prozia. Le somiglianze stanno soprattutto nei momenti chiave della sua vita, più che nel personaggio. Non volevo manipolare la storia in modo da creare paragoni indebiti”.
Nel cast del film, che sarà in sala a Natale con la Bim, troviamo Charlotte Rampling nei panni di Lady Spencer l’inquietante madre, Dominic Cooper appena visto in Mamma mia! e Hayley Atwell nel ruolo dell’ambigua Bess.
Il suo intento non era quello di realizzare un biopic?
Piuttosto un film storico con una sensibilità moderna. Il fatto di concentrare lo sguardo sui rapporti personali offre la possibilità di riflettere sulla società e le regole di allora. E di fronte a una biografia enorme da cui si potevano trarre ben dieci film, prima di tutto ho deciso che cosa tralasciare e ho cercato di concentrarmi sull’anima della protagonista, di catturarla.
Chi è la Duchessa?
Georgiana è una donna in anticipo rispetto alla sua epoca storica, alla società del suo tempo piena di vincoli e restrizioni. Le donne istruite trovavano la loro collocazione nell’ambito di matrimoni combinati, per loro non c’era posto nella vita sociale e pubblica. Lei provò a spezzare quei vincoli, quelle catene, impegnandosi in politica, facendosi conoscere nella sfera pubblica.
Georgiana alla fine è una sconfitta?
Georgiana viva in una bellissima gabbia d’oro perché dietro le apparenze di una vita ricca, un matrimonio importante, lei non ha alcun potere sulla sua esistenza. Vive sotto il controllo diretto del marito Duca, dipende da lui per le finanze. A lei come a Bess, che ha vissuto in precedenza con il marito lo stesso ciclo, non resta che costruire e rafforzare il loro ruolo giorno per giorno, all’interno di un rapporto già determinato con il Duca.
Quanta modernità c’è nella vicenda di Georgiana?
Numerosi elementi della sua vera storia vanno al di là del tempo e la rendono dunque attuale e moderna, non legata solo alla realtà di quel periodo. C’è ad esempio il tema del sacrificio, cioè di fare qualcosa per i propri figli, una scelta che accade sempre nella vita di una donna.
Quanto è stato difficile rappresentare la figura del Duca?
Ho cercato di non giudicarlo, magari con lo sguardo di chi vive nel ventunesimo secolo. Certo il Duca del Devonshire vive con grande superficialità, è un aristocratico di cartapesta, un simbolo di cattiveria. Non prova emozioni e sentimenti, ha difficoltà a esprimersi perché così è stato allevato. In scena c’è anche la sua tragedia personale perché anche il duca è intrappolato dalle norme e convenzioni sociali del suo tempo.
La Duchessa come Lady Diana diventa celebre per il popolo e la stampa?
C’è questa disparità tra la fama e il successo in pubblico e le difficoltà, i drammi personali in privato. Tant’è che la combinazione di questi elementi fa pensare che i nostri protagonisti abbiano due vite distinte. E sono proprio questi aspetti con il carico di infelicità che attraggono e affascinano i tanti spettatori, compresa la stampa, che li osservano a distanza.
Il suo esordio “Bullet Boy” sembra avere un rapporto con questo film?
Era un’opera a basso costo che narrava la storia di due ragazzi neri che abitano in un quartiere ghetto di Londra e crescono in un’atmosfera di violenza. Ma come avviene per la duchessa si tratta di giovani che s’affacciano al mondo con le loro idee sulla vita e subito si scontrano con le convenzioni sociali fino ad essere divorati da forze più potenti. E per non soccombere sono costretti a trovare un modo per sopravvivere.
Non è stato semplice ricostruire il Settecento?
Il mondo in scena si presenta esagerato e ricco, e dunque i costumi dell’epoca lo erano, ma ho evitato il tradizionale film in costume dove il pubblico è attento solo alla ricostruzione di un’epoca. Ho voluto costumi più veri, in sintonia con i personaggi. Nel film ci accorgiamo che Bess si veste via via come Georgiana, come se si fosse appropriata della sua personalità. E viceversa.
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