Maria Stuarda è di sicuro tra i personaggi storici più cinematografici di sempre, dal breve film muto The Execution of Mary, Queen of Scots (1895) a Elizabeth: The Golden Age (2013) con alcuni illustri casi come Maria di Scozia diretto da John Ford e interpretato da Katharine Hepburn oppure la versione del 1972, Maria Stuarda, Regina di Scozia, con Vanessa Redgrave nel ruolo del titolo. Ed ecco una nuova incarnazione della regina cattolica e martire che trova in Saoirse Ronan un’interprete di giovanile ardore e grande forza morale. Basandosi sulla biografia dal titolo ‘Queen of Scots: The True Life of Mary Stuart’ scritta da John Guy, la regista teatrale e direttrice del Donmar Warehouse di Londra, Josie Rourke, fa il suo debutto sul grande schermo imprimendo alla vicenda un tocco di contemporanea consapevolezza di genere.
Maria Stuart (1542-1587), sposa sedicenne del Re di Francia Francesco I, che muore dopo appena due anni dalle nozze, decide di tornare nella natìa Scozia anziché sposare uno dei molti pretendenti. Molto giovane, ma molto colta e intelligente, cattolica in un contesto di guerre di religione e con una regina protestante sul trono d’Inghilterra, la cugina Elisabetta I (Margot Robbie), Maria sperimenta cosa vuole dire essere sovrana in un mondo dominato dai poteri maschili e in cui è impossibile fidarsi di chicchesia, sia pure un parente stretto. Tra complotti, intrighi e voltafaccia, il film sottolinea proprio questa difficoltà e la sorellanza tra le due regine, seppure divise dalla ragion di Stato e dalle complicazioni della Storia: in questo è decisiva la scena dell’unico incontro tra le due, che avviene in un capanno nel bosco, tra fruscianti teli che velano e svelano gli sguardi reciproci quando Maria è già stata destituita dopo la morte del secondo marito e un terzo matrimonio che le è stato imposto con la forza: il patibolo – evocato nel prologo – si staglia nel suo futuro nonostante le promesse. I destini delle due cugine sono infatti divergenti quanto il loro modo di governare.
Nel 1565 Maria si era convinta a risposarsi in seconde nozze con il cattolico Lord Darnley, anche lui della casata Stuart, uomo che si rivelò debosciato e omosessuale, manovrato dai Lord, ma che riuscì comunque a darle un figlio (Giacomo, destinato a succedere a Elisabetta unificando i regni di Inghilterra e Scozia). La cugina preferì non convolare mai a nozze, temendo, giustamente, di perdere potere con un uomo accanto pronto a pretendere un ruolo ben più importante di quello di principe consorte. Tema dunque adatto alle attualizzazioni – come quello in qualche modo parallelo della sterilità di Elisabetta che si autodefinisce ad un certo punto sempre più “uomo” e che, deturpata dal vaiolo, sembra aver perso ogni muliebre avvenenza – mentre l’accuratezza storica si stempera nel feuilleton (tutto il contesto di lotte antipapiste viene ridotto a poca cosa, mentre il personaggio del predicatore calvinista John Knox, acerrimo accusatore di Maria, si rivela un po’ macchiettistico).
Tuttavia, sia per merito della cura del décor e dei costumi che per le due interpretazioni, Maria Regina di Scozia, in sala dal 17 gennaio con Universal, ha un impatto visivo ed emotivo notevole. Le due attrici, entrambe candidate nel 2018 all’Oscar come protagonista – l’irlandese Ronan per Lady Bird, l’australiana Robbie per Tonya – potrebbero contendersi qualche premio importante anche stavolta. Rinnovando la rivalità.
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