Santamaria cantautore politico anni ’70


“Non sapevano dove scappare ma sapevano da cosa. No… non sapevano neanche quello!”. Così recita il trailer della divertente e ironica commedia I primi della lista, esordio azzeccato di Roan Johnson (leggi l’intervista) evento speciale al Festival di Roma e dall’11 novembre in sala in 20 copie distribuito da Cinecittà Luce.  La storia vera, datata 1970, ha per protagonisti tre giovani pisani di estrema sinistra, due liceali (gli esordienti Francesco Turbanti e Paolo Cioni) e un cantautore politico allora molto popolare, Pino Masi (Claudio Santamaria), che convinti dell’imminenza di un golpe militare decidono di scappare dall’Italia attraverso il confine austriaco con pochi soldi, e neppure con i documenti d’identità regolari. Un’avventura grottesca di tre candidi e improvvisati militanti politici, che a distanza di anni avranno comunque ragione.

 

“Ho incontrato Pino Masi quando nella scena finale canto insieme a lui. Per questo ruolo mi sono documentato guardando le foto dell’epoca e alcune sue interviste – dice Santamaria – Il suo personaggio è profondamente serio e come dice lo stesso Masi: ‘Avrei preferito cantare storie d’amore ma l’ingiustizia del mondo non lo permetteva, così mi sono dedicato al canto politico e sociale’. Nel film appare come un paranoico, che vede complotti ovunque, ma alla fine scopriamo che dice cose serie e importanti. Tutto ciò  umanizza il Masi e rende ancora più autentica la vicenda. La bravura del regista è stata proprio quella di non sconfinare nella commedia facile, un rischio possibile, e di averci sempre riportato alla verità di quanto raccontato”. E Pino Masi, che oggi s’arrangia cantando per strada, sarà all’anteprima a Pisa sabato 12 novembre ed eseguirà qualche testo del suo repertorio.

I primi della lista nasce da un soggetto di Renzo Lulli, allora uno dei due liceali. “Avevo 19 anni e ho scritto tempo fa questo racconto per gioco e per un po’ è rimasto in un cassetto. Un giorno il montatore del film me lo ha chiesto per farlo leggere a qualcuno”. Il lettore era il regista che subito è rimasto colpito dall’autoironia, l’eleganza e lievità del racconto che conteneva già le battute di tutto il film.

Tra gli sceneggiatori, oltre allo stesso Lulli, c’è Davide Lantieri, compagno d’appartamento del regista. “Il soggetto era già completo, l’idea principale è stata quella di evitare la retorica e narrare non solo gli anni ’70 ma un percorso universale di maturità e abbiamo provato, come dice Zavattini, a raccontare la realtà come fosse un film e non a realizzare un film che si avvicinasse alla realtà”.

 

Un film datato? Proprio no perché, come spiega Roan Johnson, c’è una continuità tra quel momento del nostro passato e il presente. “I nostri tre eroi fuggivano da un Paese dove forte era il timore di un cambiamento sociale radicale, oggi invece i giovani se ne vogliono andare per il motivo opposto perché non c’è speranza di un cambiamento in Italia, siamo sprofondati nelle sabbie mobili”.
Quanto al 1970, la data fa da spartiacque nella storia italiana. Da un lato ci sono la paura reale di un colpo di stato militare e le prime avvisaglie della strategia della tensione, dall’altro c’è ancora nell’aria la carica immaginifica e liberatoria del ’68. Per il regista “da una parte e dall’altra si comincia ad alzare il tiro”. All’orizzonte si annunciano purtroppo gli anni di piombo.

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08 Novembre 2011

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