Lecce. Che un chitarrista trentenne di una band satanista, di Lecce e dintorni, non rinunci al suo sogno musicale è tutto merito di una Sandra Milo in versione nonna anarchica e trasgressiva, fiduciosa nel talento innato del nipote musicista. Al punto da esibirsi sul palco in un’interpretazione metallara pur di sostenere la solitaria carriera in salita del giovane, osteggiata da una madre bigotta e soprattutto dall’apparire improvviso di stimmate. Un dono divino che gli fanno perdere ragazza e band.
Film, ironico, visionario e a volte poetico,W Zappatore, tra gli eventi speciali del Festival del cinema europeo, è l’opera prima del 35enne leccese Massimiliano “Maci” Verdesca: esperienza di pubblicità, lancio di MTV sulla piattaforma digitale di SKY, coproduttore del film Onde di Francesco Fei.
Tutto nasce dal cortometraggio In religioso disagio diretto e prodotto da Verdesca nel 2006, che vince il premio della critica al Milano Film Festival; corto che è parte di un più ampio progetto riguardante il fantastico e reale personaggio di Marcello Zappatore.
Lui si definisce autodidatta, suona da 21 anni, attinge a tutti i generi musicali esistenti, e il suo maestro è l’intramontabile Frank Zappa, “non so se il mio cognome ha qualcosa a che fare con il mio amore per Zappa, forse era destino…..”.
“Tutto nasce per caso quando mi commissionano un ritratto di un personaggio musicale. Ho pensato subito a Marcello che non vedevo da 10 anni e l’ho ritrovato uguale ad allora. Il film è il capitolo finale di un progetto costruito sul corpo di Marcello”, spiega il regista.
E la scelta di Sandra Milo? “Si è presentata a Roma al casting come aspirante nonna con il suo ricco e lungo curriculum. E’ stato un colpo di fulmine: una nonna perfetta e super rock”.
Feeling subito contraccambiato dalla Milo che ha trovato “un regista capace di raccontare una storia non banale. Il suo film racchiude il senso poetico delle persone e delle cose inanimate. E poi mostra questa provincia fatta di cantanti che sognano di diventare famosi, quanto i loro mitici idoli americani”.
Il titolo sembra rimandare a quel Viva Zapatero di qualche anno fa. “No e non c’entra neppure Mario Merola, semmai Viva Zapata – risponde l’autore – e volevo che ci fosse il cognome di Marcello e quel “viva” che è un incitamento a lui e ai tanti che suonano benissimo perché loro pensano innanzitutto più al piacere di suonare che alla carriera”.
Il Salento del film, che è in trattative per la distribuzione, non è quello del barocco tanto decantato e riscoperto di recente da Ferzan Ozpetek. “Il suo è uno sguardo da turista. Lo scenario ideale per Marcello e la sua band è semmai il cemento bianco di San Cataldo. Il Salento è anche quello raccontato nelle fotografie di Luigi Ghirri e Gabriele Basilico che hanno ritratto lo scenario urbano e la periferia. Il mio immaginario è quello, e poi San Cataldo, un paesaggio così metafisico in inverno da essere una bolla perfetta senza persone e con i cani randagi”.
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