Sanctum: com’è dura l’avventura in 3D


L’abile strategia di marketing di Eagle Pictures, che distribuisce Sanctum 3D a partire dall’11 febbraio, prevede una campagna incentrata sul nome di James Cameron, regista campione d’incassi che lo scorso anno ha battuto sé stesso al botteghino – il record precedente era di Titanic – con il rivoluzionario (almeno in termini tecnici) Avatar.

 

Ma il film, thriller d’azione su una drammatica spedizione speleologica, è in realtà diretto da Alister Grierson su script di John Garvin e Andrew Wight.

Quest’ultimo è un fidato collaboratore di Cameron che, esperto subacqueo quale è, ha vissuto un’esperienza molto simile a quella raccontata nella pellicola: nel 1988, partito con un gruppo di 15 persone per esplorare delle caverne sottomarine nel sud dell’Australia, Wight rimase intrappolato e dovette scavare e nuotare a lungo per trovare una via d’uscita e andare a chiamare i soccorsi. I compagni furono liberati due giorni dopo, miracolosamente illesi.
Per i protagonisti di Sanctum, Ioan Gruffudd, Richard Roxburgh, Alice Parkinson e Rhys Wakefield, le cose saranno ancora più difficili.

Cameron produce, il che significa, in sostanza, che ci mette il 3D. Si rende necessaria un’osservazione obiettiva: la stereoscopia “made in Cameron” (tecnicamente detta Pace Fusion 3D Camera System) è una spanna sopra agli altri prodotti analoghi che abbiamo visto in sala da Avatar in poi. Sin dalle prime sequenze, la natura selvaggia e indomita, affascinante e letale, diventa la vera protagonista gettando lo spettatore fra precipizi, speroni e gole profonde, cascate minacciose e acque cristalline. La fitta vegetazione della foresta australiana – anche se la storia si ambienta in Nuova Guinea – ci avvolge letteralmente come solo le incontaminate jungle del pianeta Pandora avevano saputo fare finora. Non è, però, un film di effetti speciali: gli attori sono di carne e sangue (niente alieni blu computerizzati, insomma) e gli ambienti si dividono equamente tra set naturali e artificiali, ma comunque senza l’ausilio di CGI. Il costo, infatti, è stato abbastanza contenuto (circa 30 milioni di dollari).

Di Cameron c’è anche la passione per la scoperta, un tema che ha sempre accompagnato il cinema del regista canadese: dalle remote profondità del tempo di Terminator a quelle dei mari di The Abyss, passando per gli spazi infiniti di Avatar e la sconfinata distesa oceanica di Titanic. Lui stesso, appassionato di immersioni, ha al suo attivo oltre 3000 ore di esplorazioni subacquee, e anche se in pochi lo sanno, è un documentarista marittimo di livello, come dimostrano i suoi lavori Ghosts of the Abyss e Aliens of the deep.
Quel che manca, in Sanctum 3D, è la sua grande capacità narrativa. I dialoghi e la psicologia dei personaggi non sono certo il punto forte del film, anche se questo non impedisce alla pellicola di tenere lo spettatore incollato alla sedia fino alla fine, grazie a un costante ammontare della tensione che ben simula l’ansia di chi si trova prigioniero senza via di scampo. “La stereoscopia funziona bene in un’ambientazione molto claustrofobica – ha detto Cameron – quando senti le pareti a pochi passi da te. Penso che gli spettatori si troveranno ad affrontare l’esperienza di Sanctum con il battito del cuore accelerato, il respiro corto e pallidi dalla paura”.

La visione è certamente consigliata agli amanti della speleologia, ma non a persone sensibili e deboli di cuore. Il messaggio è chiaro: chi vuol fare l’avventuriero, deve essere cosciente che può lasciarci le penne in modo davvero brutto. Possono ammazzarti la mancanza d’ossigeno, uno scivolone o una crisi di panico. Se ne sono resi conto anche gli attori: “Ci sono stati momenti durante le riprese – racconta il protagonista Richard Roxburgh – in cui ero terrorizzato. Pensavo: ‘se scivolo qui, cado e muoio. Oppure, ‘se faccio confusione con questo respiratore durante questa sequenza pericolosa, sicuramente affogo’. Anche se c’è una persona addetta alla sicurezza degli stunt a quattro o cinque metri di distanza, è stato un lavoro davvero duro. Comunque ero stato avvertito e sapevo bene a cosa andavo incontro!”. “Ce l’hanno messa tutta per uccidermi, questa volta – gli fa eco il collega Ioan Gruffudd, che per l’occasione ha dovuto, tra le altre cose, gettarsi in un precipizio con il paracadute – ma fortunatamente sono ancora qui per raccontarlo”.

Nel frattempo, l’avventura per Cameron continua: per Avatar 2 e 3, probabilmente girati in contemporanea, ci vorrà tempo, anche perché il regista, da sempre interessato alle innovazioni tecnologiche, sta lavorando a un modo per rendere ancora più realistiche le riprese. Non se ne parla prima del 2013, ma il 2014 è una data più probabile. Quel che interessa è che ancora una volta Cameron non perderà occasione di dar sfogo alla sua natura di esploratore subacqueo: ha infatti già dichiarato che parte di questi film si ambienterà tra gli oceani di Pandora. Annunciata, inoltre, la conversione in 3D dell’altro suo grande successo Titanic. Infine, una recente collaborazione per uno spot pubblicitario tra il regista e l’ex Governator Arnold Schwarzenegger ha alimentato le voci di un possibile ritorno dell’accoppiata vincente per un Terminator 5, magari in 3D.

autore
10 Febbraio 2011

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