Dal piccolo paese di poco più di 10mila anime, Castelnovo ne’ Monti, in provincia di Reggio Emilia, Samuele Teneggi è arrivato a Roma, all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, per diventare un attore. “Prima era solo un sogno, poi è diventato un desiderio, alla fine un investimento professionale”, racconta il 23enne a CinecittàNews.
Dopo tanto teatro, il giovane è approdato al cinema nel 2021 con Per niente al mondo di Ciro D’Emilio e l’anno seguente è stato Riccardo Mortara in Rapito di Marco Bellocchio. Ora è tra i protagonisti (insieme a Ludovica Nasti e Gabriele Monti) dell’ultimo film di Paola Randi, La storia del Frank e della Nina, presentato nella sezione Orizzonti Extra all’81esima Mostra del cinema di Venezia. Una produzione Fandango e Rai Cinema, attualmente nelle sale.
Samuele, Frank è un ragazzo che ha deciso di non avere contatti con la realtà, fino a quando non apre la sua vita a due giovani. Quanto ti assomiglia?
Mi sento vicino a Frank per i modi di fare, e qualche tic. Lui è quello che vorrei essere. Tra i tre protagonisti, Frank è quello che si attiva quando non ne possiamo più. Molla tutto e si predica invisibile. La fortuna di fare l’attore è quella di poter vestire i panni di qualcun altro, in grande libertà. Nella vita reale, invece, è difficile essere liberi davvero, anche per la mia generazione. Siamo spinti a dover perseguire un obiettivo continuamente, e ci sentiamo sotto pressione anche per via dei social.
Che esperienza è stata presentare La storia del Frank e della Nina a Venezia?
È stato qualcosa di travolgente, anche da spettatore. Non sapevo a cosa stessi andando incontro. È stata una vera centrifuga di emozioni, anche stancante. Qualcosa di indescrivibile e devo ringraziare Paola. Lavorare con lei è stato davvero bello. Fa un tipo di cinema in totale libertà, che si avvicina ai miei gusti. Mi sono sentito a mio agio e sul set lei sa mettere una calma incredibile, lasciando agli attori un grande senso di espressività.
Hai scelto un mestiere non sempre semplice, soprattutto visto perché siete ci sono tanti attori della tua generazione.
Ci sono tanti giovani come me e questo può portare ad avere tante insicurezze e paure. Ma non dobbiamo fermarci e avere voglia di espandere gli orizzonti. Io sono partito da Castelnuovo ne’ Monti e ho deciso di trasferirmi a Roma, a differenza dei membri della mia famiglia, come le miei sorelle, che sono rimaste più vicino a casa. Io ho sentito la voglia di scoprire un nuovo mondo.
Quando hai sentito che recitare era la tua strada?
Ho una storia abbastanza canonica. Ho cominciato in una scuola di teatro nel mio paese. Avevo 10 anni, ero spinto dalla curiosità, dall’istinto di conoscere me stesso e ciò che c’era intorno a me. Prima era un sogno, poi è diventato un desiderio, ed entrando alla Silvio D’Amico è diventato un investimento professionale.
Che aspettative per il futuro hai?
Intanto spero si sblocchino le produzioni. Le cose belle quando lo sono tanto e le si vivono entrano nel quotidiano e nella normalità. Ora è difficile avere delle aspettative di grandezza. Però mi sto vivendo questi giorni con l’uscita del film nelle sale. Abbiamo ricevuto belle parole dagli addetti ai lavori e dal pubblico e spero che accada qualcosa di bello.
Con quali registi ti piacerebbe lavorare?
Ce ne sono tanti. Paolo Virzì, Matteo Garrone, i fratelli D’Innocenzo. Vorrei variare con i generi. Mi piacciono i film anche come racconto surreale. Il cinema è la finzione più credibile e meglio costruita che esista. Vorrei prendere parte a storie anche fuori dal nostro mondo. Amo Wes Anderson e Paul Thomas Anderson.Come anche Yorgos Lanthimos, che già stimavo e mi ha conquistato totalmente con Povere creature!.
Quindi, ti piacerebbe prendere parte anche a progetti internazionali?
Assolutamente. Ho già fatto qualche provino in inglese. Mi auguro di avere la possibilità di mettermi in sfida anche in una lingua diversa dalla mia.
(Photo Credits: Fabio Zazzaretta)
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