Nel ciclo Incontri sul futuro del cinema italiano, una serie di tavole rotonde che coinvolge vari soggetti dell’industria (come i produttori, i registi e gli sceneggiatori) oggi è stato il turno dei distributori “theatrical” (cioè al cinema). Intorno al tavolo del MAXXI c’erano Luigi Lonigro, Antonio Medici, Andrea Occhipinti, Massimiliano Orfei e Massimo Proietti.
Se c’è un obiettivo davvero urgente di questa serie di ragionamenti intorno al cinema è dirsi le cose come stanno davvero. I distributori non si sono sottratti. Il mercato del cinema italiano ha subito un ridimensionamento (se non un collasso) che molti dei distributori chiamati in causa hanno definito drammatico. Prima della pandemia i cinema italiani staccavano ogni anno dai 90 ai 110 milioni di biglietti. La stima per il 2022 è di 45 milioni. Numeri che mettono davanti a una chiara evidenza: così il cinema non può sopravvivere.
Esordisce con una metafora calcistica Luigi Lonigro, che ha dichiarato: “Se fino a qualche anno fa noi distributori eravamo dei centravanti di sfondamento, ora siamo dei difensori centrali che si occupano di contenere, l’obiettivo è non prendere gol. Il dato che ci deve far ragionare è che se fino a 2-3 mesi fa sembrava che l’Italia fosse un esempio particolarmente negativo rispetto agli altri paesi, ora stiamo vedendo che anche in Regno Unito, in Spagna e negli Stati Uniti le cose stanno andando malissimo. La Francia è l’unico paese che sembra non perdere troppo, ma lì c’è una legge cinema molto forte. Nel post pandemia, in Italia, solo due film hanno recuperato con il box office quanto era stato speso per immetterli sul mercato. Tutto questo ci dice una cosa chiaramente: la nostra industria non può più sostenersi con le proprie gambe”.
“La pandemia ha velocizzato – ha invece rilevato Andrea Occhipinti – un processo che era già in corso, ha portato a galla in modo estremamente radicale dei difetti congeniti della distribuzione italiana. Ho l’impressione che non ci sia la tendenza a sperimentare, che si proponga sempre la medesima modalità di distribuzione. Potremmo, per esempio, spalmare meglio i tantissimi film che escono ogni anno, e invece li andiamo a concentrare sempre negli stessi periodi. L’estate è un tema che dobbiamo affrontare, e dobbiamo farlo da subito: è impensabile continuare a non sfruttare il periodo estivo. Credo poi che escano spesso troppe copie di un film, e che si impongano troppe proiezioni agli esercenti: non è più sostenibile. A volte è come se andassimo contro un muro sapendo che ci stiamo andando. Perciò dico: proviamo nuove strade. Troviamo modi per aumentare la frequenza con la quale il pubblico giovane va in sala, creiamo incentivi, delle carte che permettano ai giovani di andare al cinema un numero illimitato di volte, tracciamo una strada per farli affezionare all’esperienza della sala”.
“Sappiamo – ha dichiarato Massimiliano Orfei – dove si trova la distribuzione italiana in questo momento: in un luogo ostile. Non sappiamo dove ci troveremo tra 6 mesi. Non abbiamo idea di quale sia la ricetta per risollevare questa situazione. Questo dobbiamo dircelo. Il punto è che se non riusciamo a individuare le cause non siamo nelle condizioni per individuare nemmeno una terapia. Non c’è bisogno di una revisione, ma di una riforma radicale, dobbiamo fare i conti con un modello economico che non funziona più. Smettiamola di pensare che nel breve periodo possa avvenire una ripresa, perché non è così. Io credo sia necessario rendere più selettivo l’accesso al sostegno pubblico alla produzione, perché altrimenti ci sono troppi fondi per troppi soggetti. Ragioniamo su una riforma profonda dell’assetto regolamentare italiano”.
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