Durante il convegno sulla distribuzione cinematografica digitale via satellite è stato dato l’annuncio dell’apertura, a Roma, di una sala sperimentale. Da maggio a settembre 2002 il cinema Nuovo Olimpia proietterà film in digitale trasmessi dal satellite. Lo stesso esperimento verrà fatto a Bruxelles e a Manchester (dove il convegno stesso verrà replicato nelle prossime settimane), mentre in varie città d’Europa e soprattutto negli Stati Uniti alcune sale già proiettano film in digitale, ma da un supporto magnetico “locale”, con lettori ad alta definizione.
Per verificare la qualità tecnica del nuovo procedimento sono stati presentati alcuni brani di film “digitalizzati” con il contributo dell’Istituto Luce: Il deserto dei Tartari di Valerio Zurlini, Roma di Federico Fellini e Vajont di Renzo Martinelli. Questi spezzoni, dopo essere stati preventivamente trasferiti su supporto digitale a Cinecittà, sono stati immagazzinati in un “server storage” ad Avezzano, sede di Elsacom. Lì sono stati compressi a un “bit rate” di 400 Mb al secondo, letti da un “player” D5 ad Alta Definizione, nuovamente compressi a 80 Mb/s e inviati tramite satellite – criptati e protetti per evitare la pirateria – ad una velocità di 15 Mega Hertz al “server storage” gemello, nella stessa sala Fellini di Cinecittà. Un altro lettore D5 HD ha poi letto i dati e li ha proiettati sullo schermo davanti a 300 persone, come se si trattasse di un normale contributo in pellicola. “Store and forward”, “Archivia e trasmetti”, così si chiama il nuovo sistema di trasmissione.
Difficile accorgersi che si trattava di materiale digitale. Solo avvicinandosi allo schermo, si potevano notare le piccole imperfezioni della compressione, il rumore video e la difficoltà di gestire il contrasto scena delle inquadrature più difficili. Ma l’occhio dello spettatore comune non se ne è accorto. E di qui a dieci anni, quando presumibilmente tutto questo diverrà la regola, la qualità sarà così vicina all’originale che neppure il direttore della fotografia del suo film avrà qualcosa da ridire. O almeno così speriamo.
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