VENEZIA – A quattordici anni Elle Marja è una ragazzina Sámi (lappone) e vive in una comunità di allevatori di renne. Esposta alla discriminazione degli anni Trenta e alla certificazione della razza per frequentare la scuola, inizia a sognare una vita diversa. Per realizzare questo desiderio, però, deve allontanarsi dalla sua famiglia e dalla cultura della sua gente e diventare un’altra.
Viene presentato alle Giornate degli Autori il film Sámi Blood (Sameblood) di Amanda Kernell, co-produzione Svezia – Danimarca – Norvegia con un forte impianto drammatico ma anche intenti documentaristici e didattici, che già gioca con la trasposizione internazionale del titolo dove “sangue lappone” diventa “stesso sangue” per una sfumatura di assonanze.
“Io stessa sono di sangue Sámi – spiega la regista – molti anziani si sono lasciati alle spalle tutto per diventare svedesi. Mi sono sempre chiesta cosa accade se tagli i ponti con la tua storia e la tua cultura. E comunque, puoi veramente diventare un’altra persona? E’ una dichiarazione d’amore per quelli che sono partiti, ma anche per quelli che sono rimasti. Volevo realizzare un film dove si potesse guardare alla comunità dall’interno, che mostrasse il lato oscuro della storia coloniale svedese. Non volevo un film folkloristico con balli e cappelli, volevo che sembrasse reale. Certo è recitato e sapevamo più o meno cosa sarebbe accaduto durante le riprese, ma alcuni elementi invece abbiamo lasciato che fluissero in maniera naturale: le mosche, il maltempo, gli animali, i bambini, il buio. Tutto questo ha restituito verità al risultato finale”.
Chiediamo alla giovanissima interprete Lene Cecilia Sparrok come sia stato entrare nei panni di qualcun altro che vuole a sua volta diventare qualcun altro: “Veramente – risponde lei garbatamente – non sapevo nemmeno come si facesse a recitare. E’ stata Amanda ad aiutarmi in questa incredibile esperienza”. “Nessuno nel film – aggiunge la regista – è un attore di professione”.
Parliamo anche con il produttore Lars G. Lindstrom a cui chiediamo come sia la situazione del cinema e dell’audio-visivo in Svezia e nei paesi del nord, e che tipo di percorso vede per questo film in particolare: “Siamo abbastanza fortunati – dice – abbiamo dei buoni fondi per l’audiovisivo e se mettiamo insieme le forze come in questo caso, con le istituzioni di Norvegia e Danimarca, riusciamo a ottenere risultati soddisfacenti. Abbiamo prima realizzato un pilot per mostrarlo agli investitori e poi abbiamo proseguito nel film, un percorso abbastanza semplice. Dopo Venezia lo portiamo a Toronto. Non è un film facile ma racconta di qualcosa che non solo non conoscono nel mondo, ma nemmeno in Svezia. Nelle scuole ci sono foto di donne lapponi con sotto la didascalia che spiega chi siano. E in effetti molte scuole ci hanno richiesto il film, pensiamo possa avere anche una valenza educativa”.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"