Russell Crowe, il gladiatore si fa esorcista: Padre Amorth “s’impossessa” del premio Oscar®

L’esorcista del Papa di Julius Avery, dal 13/4 al cinema, con Franco Nero nel ruolo del Papa, restituisce l’attore neozelandese concreto, candido, ironico, spirituale e pragmatico


Padre Gabriele Amorth “è un uomo di profonda Fede, è determinato ad essere aperto e schietto; non ha paura dei fallimenti dell’umanità, accetta tutte le debolezze e le stranezze delle persone: il suo, un semplice livello di onestà istintiva che lo aiuta a fare il suo lavoro” per Russell Crowe, che interpreta il presbitero modenese, nato nel ’25 e che dal 1986 al 2016 (anno della sua scomparsa) è stato ufficialmente l’Esorcista del Vaticano, seppur all’interno dello stesso Stato – così il film racconta – ci siano stati anche prelati quasi detrattori o comunque con una visione differente da quella d’interpretare il Demonio come maligno pragmatico, insistendo invece su una più filosofica idea di concetto del “male”.

Se il Decano degli Esorcisti per alcuni è stato una luce nel buio degli inferi, un crociato in prima linea nella battaglia contro il male, qualcosa di molto più tangibile di episodi spettrali, rispetto alla produzione del film L’esorcista del Papa, diretto da Julius Avery, l’Associazione Internazionale degli Esorcisti, fondata nel 1994 dallo stesso Padre Amorth, s’è espressa sostenendo che: “L’esorcismo così rappresentato diventa uno spettacolo finalizzato a suscitare forti e malsane emozioni, grazie ad una scenografia cupa, con effetti sonori tali da suscitare soltanto ansia, inquietudine e paura nello spettatore. Il risultato finale è di infondere la convinzione che l’esorcismo sia un fenomeno abnorme, mostruoso e pauroso, il cui unico protagonista è il demonio, le cui reazioni violente si possono fronteggiare con grande difficoltà; il che è l’esatto contrario di ciò che si verifica nel contesto dell’esorcismo celebrato nella Chiesa Cattolica in obbedienza alle direttive da essa impartite”.

Per Avery, Amorth si distingue come personaggio per le sue convinzioni apparentemente contraddittorie, ma in realtà perfettamente logiche: un uomo istruito, avvocato, giornalista, non psicologo né psichiatra ma uno scettico esperto di psicologia moderna, fervente sostenitore del potere di Dio e del Diavolo: “Credo che il 98% di tutto possa essere spiegato dalla scienza”, afferma il regista, “ma c’è quell’ultimo 2% che non può ed è quello che esploriamo nel film“.

Il personaggio che restituisce Russell Crowe è un profilo concreto, tutt’altro che ieratico o lugubre, candido a suo modo e con senso dell’umorismo. L’espressione rassicurante e intensa dell’attore premio Oscar®, la capacità di stemperare negli spiragli consentiti dalla narrazione, sostenute anche da una fisicità confortante e credibile alla visione nell’opporsi alla forza sovrumana delle manifestazioni demoniache, promuovono Crowe senza esitazioni, seppur la visione pura – per la messa in scena degli episodi luciferini – incorra e inciampi in una crescente spettacolarizzazione al limite del poco credibile: è un “thriller storico” – così lo commentano un paio di suore presenti all’anteprima stampa, precisando “non sia un horror”, tono che invece si restituisce un po’ bulimico in tal senso proprio nell’estetica, “un’americanata” che così incespica e sottrae ascetismo e mistero.

Il film, al cinema dal 13 aprile, nasce dall’adattamento di An Exorcist Tells His Story and An Exorcist: More Stories, entrambi scritti dall’esorcista Amorth: Patrick Kaczmarek (produttore) ha potuto opzionare i diritti di queste opere prima della morte di Padre Amorth e sulla base delle due è stato contattato lo sceneggiatore Michael Petroni per creare una narrazione originale.

La vicenda – reale e filmica – di Padre Gabriele Amorth è una vicenda anche errante, perché il sacerdote ha praticato, nel periodo di esercizio, oltre 100mila esorcismi per il Vaticano: sul grande schermo, in particolare assistiamo ad un primo scongiuro datato giugno 1987, collocabile a Tropea, Calabria, ma il centro de L’esorcista del Papa si sviluppa nella Spagna castigliana, all’interno di una storica abbazia dedicata a San Sebastiano, eredità del marito defunto di una mamma americana, che porta con lei in Europa la figlia adolescente Emy e il bambino Harry, soggetto primo della possessione demoniaca; il film, però, non si circoscrive a narrare l’episodio specifico, ma colloca l’edificio religioso al centro dell’Inquisizione, spunto puntuale per tessere la trama della vicenda e viatico narrativo per far porre la questione dell’ingresso del Demonio nel Vaticano.

C’è una forte italianità nel film, non solo per i natali di Amorth o per lo Stato Vaticano in sé, quanto per la scelta di far interpretare il Papa reggente da Franco Nero (non identificato con un pontefice reale specifico, seppur nel tempo della storia quello in carica fosse Giovanni Paolo II): certamente uno degli interpreti più internazionali del nostro panorama, che qui incarna un uomo la cui umanità molto passa dallo sguardo ceruleo, specchio al contempo dello spettro tutto dei sentimenti, compresa la paura che la consapevolezza dell’esistenza del Demonio detta, e certamente colui che ripone indiscussa fiducia nel Padre emiliano. Ma l’italianità c’è anche nella proposta di una Roma realistica seppur certamente “da cartolina” rispetto all’idea di un pubblico straniero, così come accade per la messa in bella mostra della classica Lambretta che il prete usa come mezzo di trasporto d’elezione per percorre le strade della Città Eterna e addirittura per giungere fino alla meta spagnola.  

L’esorcista del Papa è prodotto da Sony Pictures e distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia. 

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