‘Runner’, Matilde Gioli atletica fuggiasca dall’accusa di omicidio

L’intervista a Nicola Barnaba, che ha diretto l’attrice e Francesco Montanari in un noir adrenalinico, dove non rompe mai l’unità di luogo, che amplifica il senso di claustrofobia: in anteprima assoluta al Noir, unico film italiano in Concorso


MILANO – Lisa (Matilde Gioli), i suoi 25 anni e un sogno di bambina: il cinema. Un mondo, quello del grande schermo, a cui s’avvicina correndo, letteralmente, perché lei è una runner da set, capace di scatti, partenze e traguardi, anche per un passato sportivo che però non era nel suo dna, “l’ansia da prestazione di gara mi bloccava, e poi volevo fare cinema”, dice in una delle primissime battute, e quello della corsa è il suo punto base per correre una fertile carriera. Tutto è esattamente come sognato nell’infanzia.

Nel sole di questo breve spaccato di vita, il buio arriva dal passato: è oscuro quello di Sonja, l’attrice protagonista del film in produzione, di cui Lisa cura gli spostamenti, dal set – autunno, bosco, orari crepuscolari – all’hotel, lontano da tutto, così come la loro sfera più intima. Nonostante un mutamento d’identità, quel passato evidentemente non è mai davvero passato del tutto, e ancora bussa alla porta, letteralmente. È più che buio, è nero, pesto, cieco il passato di Sonja, e Lisa ne viene morsa in una meccanica che rischia di essere stritolante.

In tutta questa vicenda, per aggiungere mistero, c’entra anche l’Interpol, nella persona di Francesco Montanari, Bosco il suo nome, la cui forma, però, meno corrisponde alla sostanza, di quest’agente con i guanti sporchi di sangue.

La corsa, a Lisa, a questo punto serve per rincorrere le prove che possano dimostrare la sua innocenza e arrivare al traguardo finale per rispondere alla domanda chiave: “chi è l’assassino?”.

Questo è Runner di Nicola Barnaba, al suo quarto lungometraggio, in Concorso al Noir in Festival 2023: è l’unico titolo italiano della selezione.

Nicola, il film si basa su una suspense che non perde mai tensione, sembra evidente una sua conoscenza studiata della stessa, per un’applicazione così puntuale. Ha avuto riferimenti cinematografici/letterari per la suspense e quanto il dinamismo della ripresa, e poi del montaggio, l’hanno supportata nell’amplificare le intenzioni della scrittura?

Io sono cresciuto in provincia e la maggior parte del mio tempo libero lo passavo al cinema, che era la mia via di fuga dalla noia quotidiana. In quegli anni ho fatto indigestione di film di Hitchcock, Kubrick, Argento, Carpenter e De Palma. Inoltre, leggevo molto: ho divorato da Edgar Allan Poe a Stephen King, da Agata Christie a John Grisham. Sicuramente, tutto ciò ha influenzato il mio senso del ritmo e della suspense. Quando ho cominciato a lavorare nel cinema tutto quanto avevo assimilato è tornato a galla. Chiaramente la suspense viene ‘impostata’ in fase di scrittura ma poi sul set bisogna costruirla visivamente. L’uso di movimenti di macchina, inquadrature dinamiche e angolazioni suggestive: è un mezzo potente per creare tensione e anticipare gli eventi mantenendo lo spettatore sulla corda durante lo svolgersi della storia. Poi, un grandissimo ruolo lo giocano le musiche e gli effetti sonori, senza i quali il film non avrebbe la stessa forza narrativa. Il montaggio, che per me è una seconda regia, svolge un ruolo cruciale nello plasmare il ritmo e la struttura narrativa, creando sequenze che intensificano progressivamente la tensione. Io nasco come montatore, quindi già dalla scrittura ho in mente cosa girare e come montare, e questo in teoria dovrebbe rendermi le cose più semplici, almeno in partenza. Purtroppo, le certezze possono essere il peggior nemico perché spesso sul set le cose non vanno come programmato e in montaggio bisogna inventarsi delle soluzioni, che a volte sono la soluzione migliore, a cui non avevi pensato.

Per lo svolgimento dell’azione sceglie l’unità di luogo, perché? Ci sono esempi magistrali della riuscita di questa scelta, uno su tutti l’appartamento di Ultimo tango a Parigi, e lei riesce a far montare la tensione e la pressione proprio così, restando solo nell’hotel. Ha mai pensato invece a una ‘corsa’ disperata in lungo e in largo, a un inseguimento?

In effetti sì, e proprio in questi giorni sto lavorando sull’idea di un uomo costretto a correre attraverso una città per salvare la vita di altre persone. La realtà è che mi piacciono le storie che ruotano intorno a un personaggio che si viene a trovare prigioniero in una situazione completamente diversa dalla sua vita normale ed è quindi costretto a tirarsi fuori dai guai improvvisando. Il tutto ovviamente ha più forza se avviene all’interno di uno spazio limitato, che consente di creare una sensazione di claustrofobia e di intensificare la tensione anche attraverso la vicinanza fisica dei personaggi. Che siano dei viaggiatori che attraversano una foresta dalla quale non riescono a uscire, oppure un gruppo di amici chiusi in una baita in montagna, il concetto di fondo non cambia: per quanto grande sia l’ambiente dove si svolge la storia, il protagonista deve avere la sensazione di non avere via d’uscita, di essere chiuso in un labirinto. La sensazione di claustrofobia deve essere predominante.

Il personaggio di Bosco eè un Giano bifronte: agente integerrimo, essere umano meschino, il tutto senza una linea netta tra i due profili, cioè le due facce convivono come se questa dualità fosse ‘normale’, e questo restituisce un’efficace inquietudine. Per la costruzione della psicologia del personaggio come ha proceduto? Ha studiato dei profili umani, delle patologie cliniche? Si è rifatto a personaggi di finzione già noti?

Il cattivo è sempre il personaggio più importante di un film ed è sempre molto difficile caratterizzarlo senza cadere nel ridicolo. Per il personaggio di Bosco, durante la fase iniziale della scrittura, sono partito dalla rielaborazione di vari archetipi e cliché, tipici dei cattivi cinematografici. Tuttavia, una volta che Francesco Montanari è arrivato sul set, il personaggio ha subìto una trasformazione sorprendente. Francesco è un attore straordinario. Ha subito iniziato a contribuire attivamente al processo creativo, offrendo idee e suggerimenti che hanno arricchito ulteriormente la complessità del ruolo, rendendolo non solo un grande antagonista ma anche una figura profondamente carismatica. Non lo ringrazierò mai abbastanza.

Runner è prodotto da Camaleo e sarà prossimamente al cinema distribuito da Plaion.

autore
04 Dicembre 2023

Noir in Festival 2023

Noir in Festival 2023

Tony Sperandeo: “La mia Palermo? Nemo propheta in patria”

The Garbage Man di Alfonso Bergamo con Paolo Briguglia, Roberta Giarrusso e Randall Paul, Fuori Concorso al Noir. L’attore siciliano onorato con il Premio Luca Svizzeretto 2023, che - precisa - non dedica alla città natale ma alla sua famiglia e alla mamma di 98 anni e mezzo. In scrittura il suo primo film da regista

Gabriele Salvatores
Noir in Festival 2023

Salvatores: “Il prossimo film, già scritto ma da girare, è un noir da ‘La variante di Lüneburg’ di Paolo Maurensig”

Il regista, protagonista di un incontro con Gianni Canova e Paola Jacobbi, con cui ha scritto il suo libro appena edito, Lasciateci perdere. Un'ampia flessione sul genere Noir, disseminato in tutto il suo cinema, anche quello a venire

Noir in Festival 2023

‘Italica Noir’, Jake La Furia voce della Milano nera in animazione

La prima stagione aveva la voce di Adriano Giannini, quest’anno è stata scelta quella del rapper per Italica Noir: i ferri del mestiere, 4 episodi antologici per il capoluogo meneghino tra prostituzione, bande, gentiluomini e giustizia, dagli Anni '40 agli '80. Disponibile su Mediaset Infinity dall’11 dicembre


Ultimi aggiornamenti