La scuola è la stessa nella quale De Venuto aveva studiato prima di iniziare la propria carriera. Innamorata di Visconti e del Pupi Avati La Casa dalle finestre che ridono, la filmmaker trentina, ma pugliese di adozione, ammette di star vivendo un sogno, e di avere dei piani per continuare a sognare…
Di nuovo a New York, punto di partenza o di arrivo?
Presentare qui il film è un sogno, e presentarlo alla NY Film Academy, dove ho studiato, va oltre ogni immaginazione. Ne sono molto orgogliosa. Ci ero venuta dopo aver terminato i miei studi universitari in italia e mi ha insegnato tutto sul cinema.
Una scuola che le ha dato l’occasione di iniziare a lavorare negli States?
No. Per un periodo però avevo scritto una sceneggiatura con una regista americana, ma poi non si è fatto il film, come spesso accade. Anche se non è detto che non si farà in futuro. Ho comunque avuto occasione di imparare, non solo la lingua, ma anche il modo di lavorare e di scrivere americano. Poi sono tornata in Italia. Ma l’aver studiato qui, in modo indiretto, non fosse altro che per l’aver scritto la sceneggiatura in inglese, mi è servito perché sono riuscita a trovare una coproduzione internazionale. Forse sarebbe stato meglio rimanere, per certi versi. Bisogna stare qui per riuscire a far fruttare certi contatti. Ma dipende da che situazione hai; io ho delle radici forti e tre figli, è complesso muoversi. Forse se fossi rimasta qui…
La sceneggiatura ancora ‘da fare’ era sempre di un film di genere?
Era una commedia. Che però aveva a che fare con la mafia. Non avrei dovuto fare io la regia, come detto, ma la regista americana aveva bisogno di una consulenza, perché il film sarebbe stato ambientato in Italia, seppur con attori stranieri. Non è mai detto…
Nel frattempo a cosa sta lavorando?
A un ‘archeo-horror’ ambientato a Roma. E’ ambientato al giorno d’oggi, ma fa riferimento alle antichità romane. Potremmo definirlo più un fanta horror, un film che rimanda a certo cinema italiano di genere di una volta, nel quale le storie spesso partivano comunque da una località specifica, da una tradizione… D’altronde, non a caso, il primo romanzo gotico al mondo è Il Castello di Otranto dell’inglese Horace Walpole, ambientato in Puglia. Come anche il mio film.
Anche in questo caso si affiderà a una coproduzione? Sempre con l’Irlanda?
Per il primo film è stato fondamentale, altrimenti non avrei mai potuto realizzarlo. per cui si, proverò di nuovo con l’Irlanda, anche se mi piacerebbe ampliare la collaborazione alla Germania. Sto lavorando già alla sceneggiatura. Parla di un campo di archeologia in Italia, dove vengono molti stranieri, per cui si presta ad avere un cast vario, non solo di italiani. In più Roma ha da sempre questa capacità di attrarre stranieri.
Non ci sono possibilità di collaborare con gli Stati Uniti, invece?
Mi piacerebbe, ma è piu facile trovare partner in europa, per la regolamentazione e i fondi che ci sono in paesi come l’Irlanda, la Norvegia, la Svezia. In America non hanno bisogno di noi, è più difficile. Per ora sono felicissima di presentare il film a New York e a San Francisco, ma mi piacerebbe anche provare a venderlo qui, trovare degli interlocutori.
Ha già dei contatti?
Qualcosa c’è. Anche perché nel mio film c’è Federico Castelluccio, napoletano ma molto conosciuto per il suo personaggio ne I Sopranos. Spero che quella del N.I.C.E. sia una vetrina che possa incuriosire qualche distributore, agenti, compratori. Non è semplice nel mercato numero uno del mondo, ma non si sa mai. Questo in fondo è l’anno buono per il cinema italiano all’estero…
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